Pensieri, idee, riflessioni, visioni e progetti sulla Livorno del 2060 di un gruppo di architetti e artisti livornesi (e non solo).

venerdì 24 dicembre 2010

56 rue Saint Blaise

...cari miei, mi è capitato di leggere un interessante articolo su quello che è successo in un quartiere di Parigi a proposito di "spazi abbandonati"...questa fetta di terreno tra due palazzi è stata trasformata in orto urbano in modo veramente intelligente...date un'occhiata al link
http://56stblaise.wordpress.com/

...e già che siamo alla vigilia, tanti auguri.....ci vediamo nel 2011.....

domenica 12 dicembre 2010

L'intervento di Marta qui sotto è fondamentale e illuminante. Abbiamo una non troppo curiosa tendenza a dilungarci in chiacchere e a perderci nei meandri delle nostre riflessioni :-)
In aggiunta alle sue idee, per me largamente condivisibili (soprattutto quella di allestire un percorso e vari happenings durante la nostra futura mostra e l'idea sul confronto fra le realtà portuali che trovo veramente efficace), vorrei fare il punto su alcune situazioni:
Gli artisti: E' vero che l'idea originaria era di lavorare a stretto contatto fra artisti e architetti ma forse il fatto che i suddetti artisti siano latitanti a parte poche irriducibili figure (grazie !!!!!)qualcosa dovrebbe dircelo. Forse, nonostante tutto, la nostra è una strada irriducibilmente tecnica, soprattutto nello scopo. Pensiamoci.
Non dico questo per criticarci, è solo un dato di fatto. La cosa mi dispiace molto ovviamente e avere l'apporto di figure creative (senza essere tecniche) arricchirebbe immensamente il nostro lavoro, fatto sta che se questa cosa non avviene nonostante il nostro impegno verso un loro coinvolgimento dovremmo pensare che forse è il caso di prenderne atto e di fare quello che sappiamo con chi c'è.
E se siamo troppi architetti e pochi artisti vorrà dire che il nostro tipo di gruppo richiama questo tipo di utenza per cui penso dovremmo adattarci e calibrare il lavoro di conseguenza.
Durante l'ultimo incontro abbiamo parlato del concorso che dovremmo riuscire a organizzare grazie a Fabrizio e alla FCRL e che mi sembra, nonostante gli ultimi sviluppi in merito al coinvolgimento della Pubblica Amministrazione, una bellissima opportunità.
Ci siamo dilungati sul come e perchè renderlo accessibile a tutti e credo che sia importantissimo che non sia il solito concorso per tecnici. Credo anche, però, che non si debba esagerare verso questa apertura perdendo di vista lo scopo del concorso.
Da parte mia (ed è assolutamente un'opinione personale) è fondamentale che chiunque ne senta l'esigenza possa partecipare ma non dobbiamo neanche arrivare a crearci il problema di come far scaricare eventuale materiale al gruppetto degli arzilli pensionati o al bambino di 3 anni.
Non sappiamo ancora che tipo di concorso sarà e come verrà divulgato però, secondo me, è importante che rimaniamo fedeli all'idea di quello che siamo: un gruppo di intellettuali (tecnici e non) che vogliono porre l'accento su una serie di problematiche legate allo sviluppo della città, non siamo un gruppo assistenziale e non possiamo neanche ritrovarci fra le mani una quantità di materiale inutile anche se simpatico e divertente.
E' giusto che ognuno possa dire la sua ma dobbiamo muoverci all'interno di un perimetro strutturato e verificabile, altrimenti rischiamo di perdere il controllo della situazione e di muoverci lungo un profilo troppo basso e poco credibile.
Scusate la sparata , forse mi sono espressa nel modo sbagliato a spero ugualmente che possiate capire ciò che ho cercato malamente di dire :-)
Quando si incontra il gruppo per la redazione del bando?
A presto.

martedì 7 dicembre 2010

Io rimango sempre più affezionata all'idea originaria di Enrico su Livorno 2060: si era detto di realizzare degli elaborati (foto/plastici/disegni/progetti... ) scaturiti dalla collaborazione tra architetti ed artisti da far conoscere alla città attraverso una mostra. Pensando a tutto quello che è stato detto sino ad ora credo che ci siano già dei temi che potrebbero essere sviluppati.

1. L'idea di Carmelo di realizzare/trasportare uno o più elementi verdi mi è piaciuta tanto... perché non trasformarla in una installazione per il giorno della presentazione dei progetti. Perché non creare un itinerario nella Venezia e realizzare un allestimento lungo il tracciato dei fossi e trasformare il nostro mezzo di trasporto in una sorta di architettura galleggiante/mobile? Chi può essere l'artista da coinvolgere?


2. Prendere un vuoto urbano, si era parlato di Piazza del Luogo Pio, ed allestirlo dalla notte al giorno attraverso una performance in cui coinvolgere i cittadini. Il tema era sempre quello del verde. Ci vuole un disegno/progetto.

3. Andrea sostiene che l'ampliamento delle aree portuali non sia necessario: perché non confrontare il porto di Livorno con altri porti italiani e fare una proposta progettuale che ridimensioni il suo perimetro verificando la fattibilità dell'operazione? Se siamo in grado di dimostrare che la futura area occupata dal porto è veramente eccessiva e assai superiore delle reali necessità mediante il confronto con porti più importanti potremmo proporre un progetto per l'area in eccesso. Chi ha visto il padiglione della Francia alla biennale di architettura può ricordare la sequenza delle proiezioni che analizzavano le principali città francesi (Parigi, Marsiglia, Lione...) dal punto di vista della superficie lasciata a verde, quella edificata e quella ancora da urbanizzare... un'analisi di quel tipo sarebbe perfetta e facilmente leggibili da tutti. Potremmo confrontare i porti italiani principali: confrontare la grandezza, il loro volume di lavoro, la superficie edificata, la superficie inutilizzata per dimostrare la fattibilità della riduzione dell'aria del porto e utilizzare la superficie eccedente per proporre qualcosa per la città. Il “Documento sul Porto” di Enrico potrebbe accompagnare questo tipo di livoro.
www.french-pavilion-venice.com/bonus.php

4. Ci vuole assolutamente un illustratore per gino!!! La storia merita di essere raccontata con delle illustrazioni. Ho scritto nuovamente a Daniele Caluri per sapere cosa ne pensa!

5. Nicoletta durante un incontro ha detto che immaginava di illustrare il cambiamento della città attraverso l'uso della fotografia... visto che ancora di fotografi non se ne sono visti, invito tutti a conoscere il gruppo “binario 7” sono giovani e molto bravi. (www.binario7.com)

6. Un altro progetto che mi era piaciuto tantissimo era quello proposto da Simona: lavorare con il suono. Bisogna coinvolgere un musicista ma anche un'artista che faccia video arte.

Mi piacerebbe tanto lavorare in gruppo con Simona e con Carmelo, ma vorrei anche sviluppare il tema degli spazi pubblici. Nelle prime riunioni si è parlato molto di come i nuovi centri di aggregazione dei livornesi non siano più le piazze ma sempre più altri luoghi.
Attraverso un'analisi degli spazi aperti, di come questi sono vissuti e in cosa si stanno trasformando vorrei identificare le principali piazze della città e provare a raccontare cosa sarà di loro nel 2060.

marta

lunedì 29 novembre 2010

documento su porto industriale

ho scritto 4 punti che potrebbero la base per una discussione,e per poi scrivere un documento da pubblicare ...mi farebbe piacere se prendessimo una posizione su quel progetto ..mi sembra importante...scrivete ,aggiungete punti .....insomma ditemi cosa ne pensate!
Enrico


Il progetto che si sta delineando, della nuova darsena europa,avrà un impatto fortissimo in tutta la zona nord della città,perché la coinvolgerà direttamente(nuove infrastrutture etc….) ma ne avrà sul tutto il territorio livornese(economico ,sociale ,ambientale….)

Per dare un idea la nuova area che nascerà é grande tre volte tanto il pentagono del buontalenti ed espanderà la città(il porto industriale è parte della città)di centinaia di metri verso mare con un nuovo molo che cambierà la forma di livorno.Saranno costruite chilometri di nuove ferrovie ,strade ,ponti,capannoni …nuove gru …quindi nuove visuali ,skyline….

Le città che sanno trasformarsi sono quelle che hanno futuro,questo grande progetto se è frutto di una analisi seria e se sarà realizzato con qualità (scelte tecnologiche ,energetiche …etc innovative )potrebbe portare grande vantaggio

Affinché questa grande possibile opportunità non rimanga zoppa ,e dare un svolta vera alla città noi proponiamo di liberare le aree dell’attuale porto industriale (da …a….)restituirle alla città .Farne un progetto di grande significato culturale progettando una nuova parte di città in una zona strategica .

domenica 28 novembre 2010

è l'ora di organizzare un pò il lavoro...DICEMBRE organizziamo e poi si PARTE!

INNAZITUTTO complimenti per la grafica ed il logo mi piace molto!!!
non sono venuto alla riunione , ma vedo che siamo abbastanza maturi per organizzare un percorso dove sentirsi tutti partecipi e attori

dalla sintesi di lucia ed enrico, dalla muova potenzialità del concorso, dalle bellissime idee di tutti ora TRACCIAMO un PERCORSO....e iniziamo a produrre, ad agire

in effetti abbiamo le aree, abbiamo le idee, capiamo un pà meglio gli strumenti (azioni, mostra)
e dividiamoci il lavoro anche in STEP diversi

forse potremmo pensare ad incontri in cui c'è un attività a cui si partecipa tutti (seeds bomb) e un attività + a gruppi

il concorso la vedo una grandiosa opportunità per creare delle visioni e anche per avere la possibilità di creare un BANDO che in cui gli elaborati sono non solo disegni (video, oggetti, espressione di architetti e artisti), nuovo modalità di esprimersi e valutare progetti: questo a mio avviso ci darebbe molto materiale per poi veramente uscire con mostra , ma anche con eventi puntuali in città!!!! (es. nella mostra potresti trovare le visioni grafiche di un progetto, e nella città un opera di un artista che è legata a quel progetto, come se la mostra fosse un portale per poi andare a vedere la nuova città!!!)

il prox incontro non mancherò assolutissimamente!!!!! anche pechè vorrei farvi vedere un video che ho fatto per la fondazioneicare di cui sono consigliere....un abbraccio e complimenti a TUTTITUTTI

venerdì 26 novembre 2010

PROSSIMO INCONTRO

Il momento il prossimo incontro è stato fissato per giovedì 9 dicembre alle 18.00 alla galleria di via Michon. Seguirà conferma via e-mail.

Dall'incontro di giovedì 25 novembre.

Ieri, giovedì 25 novembre, abbiamo affrontato un tema piuttosto impegnativo: il futuro del porto. Andrea del Corona ci ha raccontato quali sono le previsioni (già rese ufficiali) di ampliamento e trasformazione. Il fatto più sconvolgente è la previsione di un interramento verso mare (in prossimità dell'area del Calambrone) di una superfice incredibilmente grande. Per capire bene di cosa stiamo parlando basti pensare che sarebbe circa 3 volte più grande del pentagono del Buontalenti! La destinazione sarebbe prevalentemente "logistica" (milioni di containers, treni, tir, estese linee ferroviarie e stradali etc) ma la cosa più incredibile è che vi si prevede anche l'arrivo di passeggeri che oltre ad avrere un'immagine falsata della nostra città non verrebbero in alcun modo messi in contatto con essa. La prima domanda che ci siamo fatti è: cosa succederà dell'area adiacente alla citta? Le aree della fortezza vecchia, della stazione marittima, del cantiere navale, dei moli, del porto turistico, etc, verranno migliorate e in qualche modo "restituite" alla città? Andrea ci ha rivelato che a questa domanda per il momento non solo non esiste risposta ma ha avuto l'impressione che manchi l'intenzione di darla! E allora ecco un altro tema da affrontare. Un tema che per vastità, complessità ed importanza richiederà certamente tempi molto lunghi ma dobbiamo iniziare ad avere delle "visioni" oggi se vogliamo che tra 50 anni le cose siano veramente cambiate.

Un altro argomento proposto da Fabrizio Filippelli riguarda l'organizzazione di un concorso di idee (con tanto di finanziatore...) per stimolare la partecipazone di creativi, tecnici, intellettuali e comunque tutti coloro che amano pensare al futuro della nostra città a produrre un risultato progettuale concreto e da rendere pubblico. Il tema dovrà essere deciso e anche se per motivi pratici da una parte dovremmo "limitere" il campo (se non le aree) d'intervento dall'altra vorremmo lasciare libero sfogo alla fantasia, alla creatività e anche ai sogni.

Questi sono i due argomenti principali sui quali abbiamo discusso ieri e che hanno aggiunto altre idee alla già lunga lista delle proposte precedenti.
Alla fine dell'incontro come già successo le altre volte è nata la necessità di fare il punto della situazione e anche di darsi degli obiettivi più concreti se non delle scadenze.
Per quanto mi riguarda provo a fare una scaletta di quelle che ritengo essere le priorità:

- PRIMA FASE
Azione simbolica: la semina.
Non rinuncerei a definire l'azione che ci siamo impegnati a portare avanti (i seed bombs) e che seppure poco appariscente nell'immediato risulta fortemente simbolica. Documentiamola (filmati, foto, etc), informiamo i mezzi di comunicazione e mettiamo da parte il materiale per la seconda fase.
Per dare una scadenza direi che non possiamo che seguire i vincoli di madre natura e quindi non prima di febbraio-marzo

- SECONDA FASE
Azione dimostrativa-provocatoria: installazioni scenografiche.
Sono state fatte proposte di vario genere su azioni mirate a creare cambiamenti temporanei fortemente impattanti in alcune aree degradate e/o significative della città. Installazioni più o meno verdi che richiamino l'attenzione di tutti i cittadini su diversi temi e che dimostrino concretamente che cambiare in meglio gli spazi pubblici è possibile e tutto sommato anche semplice. Basta volerlo e più saremo più il risultato sarà impattante.
Per la scadenza direi successivamente alla prima fase e con la bella stagione ... a primavera.

- TERZA FASE
Apparizione in pubblico: esposizione dei risultati (azioni) e dei primi progetti.
Si tratta di mostrare ad un pubblico vasto quello che è stato il nostro percorso, gli argomenti affrontati, gli obiettivi delle azioni, i progetti eventualmente sviluppati, in fase di elaborazione o da affrontare tramite disegni, filmati, plastici, foto, testi, musica. Auspichiamo l'utilizzo di molteplici mezzi espressivi e di comunicazione per rendere i temi proposti comprensibili per tutti, in modo da stimolare se non una reazione concreta almeno un dibattito.

Nel frattempo riprendiamo i molteplici temi affrontati (e magari proponiamone altri), dividiamoci in sotto-gruppi (come era stato pensato da enrico all'inizio di questa esperienza) e lavoriamo ai primi risultati che poi mostreremo durante la nostra "prima apparizione in pubblico".

Questo ovviamente è solo un mio suggerimento, parliamone ...

Lucia

carne al fuoco

Allora ..ieri la riunione è stata molto partecipata ed interessante ,poi la novità annunciata da Fabrizio è abbastanza clamorosa!bisognerà credo dedicare un incontro solo a questo!ed proprio questo che volevo dire mi sembra che bisognerebbe fare un pò di ordine ,decidere priorità e portarle avanti...perchè mi sembra che stiamo mettendo ogni volta molta carne al fuoco ....certo l'argomento è complesso ,difficile da maneggiare ,ci potrebbero essere ogni giorno nuovi spunti,iniziative interessanti da fare,approcci diversi......ma secondo me noi abbiamo l' obbligo di tenere il timone dritto verso il futuro.Cercando una visione innovativa,creativa,provocatoria del futuro applicata al nostro territorio...ed questo che dobbiamo comunicare!allora io credo che dovremmo chiederci quali sono le iniziative che sono fattibili ed economiche e che ottengono questo risultato nel miglior modo possibile!io ci sto pensando da un pò di tempo e fra tutte le cose dette avrei individuato un percorso(da discutere insieme).
1-Il logo,mi piace molto la scimmia ..è importante essere riconoscibili ,è un pò la nostra faccia all'esterno ...è il simbolo che dice che esiste un laboratorio di idee,dovremo parlare di come usarlo ....

2-Seed bombs,l'abbiamo annuciato sul tirreno ed è secondo me una cosa che và nel senso giusto,

và portata avanti ,inoltre ha molta presa sul pubblico perchè è comprensibile ,tocca il tema del verde che sta a cuore a tutti...è assolutamente pacifica nonostante il nome.Paradossalmente potremmo solo andare in giro a mettere il nostro logo in dei luoghi senza seminare niente....che avrebbe visibilità comunque.Perchè il senso di queste azioni è simbolica ...è il tentativo disperato di modificare la realtà che non ci piace...lo annunciamo e ci proviamo! sapendo che non avremo successo affinchè sia di stimolo e di riflessione .
3-credo che su delle questioni rilevanti che riguardano lo sviluppo della città (tipo la questione del porto industriale)dovremmo produrre dei documenti che siano di stimolo alla discussione penso che saremmo in grado di farlo.L'opinione di chi cerca di guardare più a lunga scadenza,e pubblicizzarli usando tutti mezzi(stampa,web..).Questo progetto del porto industriale è veramente impressionante e credo che dovremmo proprio parlarne......elaborare un pò di idee e scrivere
4-Evento-mostra che raccoglie i progetti ,i materiali prodotti e che dovrebbe essere il momento in cui si mostra ad un pubblico generico più ampio possibile in pratica le idee che abbiamo tirato fuori....che a parte il testo di gino..non c'è praticamente ancora nulla

poi ci sono state altre proposte e idee interessanti ma secondo me già con queste quattro c'è moltissimo lavoro, e non dimenticandoci del concorso.....naturalmente questa è solo la mia opinione e la mia scelta di priorità....quindi dite la vostra che alla prossima riunione se ne parla!!
Enrico

giovedì 25 novembre 2010

LOGO in progress


ecco una prima bozza

da modificare:
il font LIVORNO
e il tratto della scimmia
(più consumata ..)

ma intanto ve la pubblico
per commentiEsuggirimenti

la scimmia è forse troppo feliciana ??

un'azione / concorso che mi piace tantissimo

www.ar100days.com

vivienne the great!

mercoledì 24 novembre 2010

FINALMENTE VEDO SEGNI DI AZIONE...VI HO LASCIATI AL 1 INCONTRO AL MIGNON E dopo 1 mesetto vedo concretizzare quello che ci siamo detti
mi rammarica non poter essere con voi il 25, però mi trovate d'accordo su tutto.

Aggiungo soltanto: INIZIAMO CON PASSO (comunicativo, di azione) guidato ad un idea UNITARIA costituita dai temi che sono emersi.

scegliamo delle aree che sono emblematiche nell azione PUNTUALE ma anche in quella + visionaria di guida per livorno 2060

bene studiare una grafica

forse dobbiamo migliorare per rendere + utili i risultati degli incontri...
bello sarebbe avere una location a disposione dove "LASCIAR TRACCIA" e che questa TRACCIA sia visibile a tutti , una TRACCIA DINAMICA che si modifica tutte le volte che ci incontriamo, a cui le persone possono aderire con dei "POST IT"!!!!!!
(mi viene a mente l'ingressi dell'asilo, ex sede pci?scusate ma non sono di livorno!!!!)

apresto luca D

martedì 23 novembre 2010

E' solo un tentativo ...

Non vi spaventate, è sempre il nostro blog! Ho provato a seguire il suggerimento di giulia e dare una veste più "verde" al blog e non sapendo da dove partire ho fatto un primo tentativo cambiando lo sfondo. Ho scelto tra quelli pre-definiti ma credo di aver capito come fare a inserire sfondi personali. Se qualcuno ha una foto più accattivante si faccia avanti che ci provo! Per il momento ecco una veste un pò "green" ma anche autunnale ...

lunedì 22 novembre 2010

http://www.treehugger.com/files/2010/11/green-invasion-turns-lima-s-historical-center-into-a-park-photos.php

ohh ce l'ho fatta..

mercoledì vorrei portare all'incontro anche un logo
e darei una veste verde anche al blog

venerdì 19 novembre 2010

Lima con la Green Invasion ,Londra con il pedaggio di ingresso in città per le auto,Parigi copiata in tutto il mondo per il progetto Vèlib - il parco biciclette da affittare,Pechino cha ha costruito 6 linee metro nuove per le Olimpiadi,New York con l'ambizioso progetto di diventare la metropoli più green del mondo e le isole verdi volute da Michael Bloomberg,Milano con la Green Belt....insomma possiamo ben dire che questa spirale schizzofrenica iper tecnologica e ansiogena a cui siamo più o meno sottoposti quotidianamente produce ovunque un estremo bisogno di creare degli spazi d'aria-di ossigeno di conseguenza di aree verdi-di aria pulita.
Alla fine come giustamente ha ricordato Giulia Bernini l'uomo è un pò scimmia - in tanti casi la differenza è veramente impercettibile...e come tale sente il bisogno di tornare alla "natura" di correre,di arrampicarsi sugli alberi di mangiare banane...(orti cittadini sempre più di moda-negozi a km zero-cibo/abbigliamento biologico che è diventato un business pazzesco quando fino a pochi decenni fa era il mangiare normale ora divenuto di lusso...)
Un progetto che mi piace moltissimo si chiama HIGH LINE PROJECT che verrà realizzato a New York - per vedere il video www.lifegate.it.
In tutto il mondo ci sono proposte e progetti a piccola e grande scala e così noi possiamo fare altrettanto cercando di trovare le strade più opportune per sensibilizzare sia l'opinione pubblica che chi prende le decisioni (...chi?) per svegliarsi dal torpore di una confort zone - non fare niente di nuovo così non si rischia - di cui siamo veramente stufi.
L'anno scorso Zurigo a organizzato la manifestazione Gartencity Zurich 2009 una notte bianca durante la quale la città ha cambiato volto e si è presentata alla mattina tappezzata da 300 enormi vasi con piante di ogni genere ad opera di artisti internazionali.
Non dico di arrivare a tanto ma una notte verde durante la quale accade magicamente qualcosa potrebbe essere fattibile anche da noi.
ci vediamo mercoledi.

ci sono anch'io!

ciao a tutti. credo di avercela fatta a registrarmi e creare un account sul vostro blog.
spero di poter collaborare con voi in questa fantastica iniziativa che state portando avanti.
di nuovo...
LaFra'!!

giovedì 18 novembre 2010

Spiegazioni

Vedo che alcuni (non faccio nomi ...) hanno difficoltà a scrivere post.
Provo a spiegare la procedura. Una volta risposto all'invito di iscrizione se non ce l'avete già dovete creare un account di google, poi visualizzate il blog e "entrateci" (in alto a destra cliccare su "entra"). Scrivete indirizzo email e password (che avete scelto facendo il vostro account) e poi dovrebbe comparirvi il vostro profilo con scritto "nuovo post". Cliccando lì si apre la finestra per scrivere il messaggio, inserire foto, video o link.
Inoltre, chi è già iscritto e vuole invitare qualcuno o chi è un semplice lettore e vuole essere invitato deve mandare una mail a noi (info@70m2.it) perchè solo il creatore del blog può dare le autorizzazioni. Questo ovviamente solo per motivi "formali" ed è un limite imposto dal blog (almeno noi non siamo riusciti a fare altrimenti) ma il blog rimane aperto a tutti!
Spero che le mie spiegazioni siano comprensibili.
Lucia
http://www.legrandparis.culture.gouv.fr/

questo è un progetto realizzato a parigi un paio di anni fà....che somiglia al nostro,date un occhiata!furono coinvolti diversi soggetti per lavorare al possibile sviluppo futuro della città
ciao a tutti
Enrico

lunedì 15 novembre 2010

Articolo su Il Tirreno di sabato 13 novembre 2010


Ecco l'articolo pubblicato su Il Tirreno sabato scorso accompagnato da un "grazie" ad Alessandra che ha sta seguendo il nostro percorso con interesse, partecipazione e professionalità e ci ha stimolato a fare la nostra prima proposta concreta. Ora sta a noi portarla a buon fine!

venerdì 12 novembre 2010

funzionaaaa!! dicevo, per i semi di alberi e piante mediterranee non ci son problemi, basta far una bella passeggiata nel bosco e si raccolgono, ora in qs periodo è pieno di ghiande di leccio, cerro e altre querce, e poi ci son i corbezzoli in frutto! Appena smette di piovere e ho un pò di tempo vado, son circondata di boschi quassù oltre che di nuvole! si possono lanciare qualcuno come seed bomb e seminarne altri in vaso con terriccio di bosco ricco di humus così siam sicuri che qualcuno germina e cresce!
Poi, ho trovato un articolo della repubblica del 4 ottobre 2010,sul mondo outlet, cioè dei "non luoghi" dei grandi centri commerciali, ecco, c'è una citazione o addirittura un libro del Marmugi che dice "Livornesi: mare, sole e ipercoop..." o qualcosa del genere, che ci conferma la tale mancanza di luoghi aggregativi in qs città tanto da delocalizzare il centro degli incontri o il passatempo per i bambini nel weekend in quei "santuari del superfluo", che sono "clonazione miniaturizzata del mondo-ipermercato sceneggiato" La mia idea di Livorno anni 2060 corre nella direzione opposta di quei non luoghi, è ritrovare come dice l'articolo "il centro della polis, dove si poteva trovare di tutto, dal tempio al mercato, dai rapporti umani ai contatti politici, dove trascorrere il tempo libero, andare a teatro,, godersi lo spettacolo dei prestigiatori e dei ciarlatani, ascoltare i musici di strada-cantastorie..". Non è che possiamo tornare indietro nel tempo, ma è per rendere l'idea di ciò che è perso, e in particolare riferendoci alla nostra città, dovremmo tornare a recuperare la nostra identità.. di pescherecci, mercati, muri sgarrupati, città che si apre ed accoglie tutti, dal carattere molto popolare e legata al mare, allo scambio, al viaggio, al dinamismo..
Per accogliere e facilitare gli incontri occorre un centro e spazio verde quindi via ai seed bombs!
e poi pensavo, per le aree incolte della città, di poter creare anche qualche spazio da coltivare a orto, dove anziani e pensionati e chiunque abbia un pò di tempo possa coltivare frutta e verdura, dove i bambini possano osservare da dove provengono le cose che mangiano e osservare i lombrichi che lavorano e fertilizzano la terra, dove creare un ponte tra passato e futuro...
eccooo!! ce l'ho fatta ad iscrivermi al blog! sono Eva, naturalista, son venuta una volta sola per via delle distanze.. oggi ad esempio son sopra le nuvole ;-). vediamo se funziona. mando.

Facciamo il punto ...







(Foto di Carmelo Pinna)



Nello scorso incontro (mercoledì 10 ottobre) abbiamo provato a prendere qualche decisione più concreta riguardo alle azioni (seed bombs e altre azioni "verdi") e ai progetti da portare avanti,anche su altri temi oltre al verde. Come sempre le idee sono state molte e tutte interessanti. Cercherò di riepilogarle, per lasciare traccia delle parole che altrimenti rischiano di disperdersi e per aggiornare chi non ha potuto partecipare.
Partiamo dalle seed bombs.
Questo sarebbe il periodo giusto per la raccolta dei semi (ad esempio le ghiande o altri semi mediterranei) quindi se non vogliamo comprarli o almeno non totalmente, dovremmo organizzarci in tal senso. Per la semina invece il periodo ottimale sarebbe febbraio. Dato che qalcuno avrebbe preferito "agire" prima è stata fatta la proposta di iniziare con un'azione diversa. Personalmente non mi farei prendere dalle fretta e preferirei iniziare proprio con questa azione simbolica che vedo attinente al nostro tema principale ed alla nostra filosofia più di tante altre alternative proposte, magari molto più appariscenti nell'immediato ma decisamente molto meno simboliche e significative. Ripeto un concetto che ho già espresso più volte ma che ritengo fondamentale: il messaggio che deve essere diffuso, l'esigenza che ha portato, enrico per primo e noi di seguito, a formare questo gruppo, è proprio l'importanza e la necessita delle visioni a lungo termine per impostare oggi quello che sarà la città del futuro. La scelta dell'arco di tempo di 50 anni non è casuale. E credo che la nostra prima azione debba rispecchiare questo concetto. Noi oggi scegliamo di iniziare questo percorso seminando semi materialmente e simbolicamente ma il vero obiettivo è di seminare idee e progetti che facciano capire a chi può (e dovrebbe) realmente progettare lo sviluppo della nostra città che se vogliamo un futuro migliore dobbiamo non solo concepirlo ma anche iniziare a concretizzarlo oggi. Insieme.
Sono invece d'accordo di trovare una forma "scenografica" per far notare il più possibile il nostro agire. Ieri le proposte sono state molte. Dall'idea di arrivare con una barca (rigorosamente mossa da ecologici remi o pedali!) dal mare e procedendo sui fossi, depositare un albero in piazza della repubblica da dove partire con la distribuzione delle seed bombs da lanciarle in varie aree dismesse della città (Carmelo), alla proposta di far partecipare una folla di persone che portando ognuno una piccola pianticella trasformino uno spazio urbano in una distesa verde (Erika), al progetto di "disegnare" un albero verde con chiodi e fil di ferro su una facciata cieca di un edificio dove fissare un rampicante (Marta), all'intenzione di stendere rotoli di erba in aree asfaltate e farci installazioni verdi o semplicemente un pic-nic (Marco) oppure parcheggiare numerosi camioncini carichi di alberelli per formare un boschetto "provvisorio" la dove oggi c'è un grigio parcheggio ...

Questo è quanto ricordo e probabilmente ci sarebbe molto altro da dire e da scrivere.

Un'altra esigenza emersa è proprio quella di fissare in qualche modo quello che stiamo dicendo e facendo. Scrivere, filmare, fotografare, disegnare, riassumere e sintetizzare . Questo blog è un ottimo strumento ma rischia di essere dispersivo. Forse dovremmo fare qualcosa di più. Potremmo scrivere una sorta di nostro "manifesto" per far emergere quelli che sono gli argomenti, i temi, che ci stanno più a cuore e che stanno indirizzando le nostre scelte.
VERDE, IDENTITA', MOBILITA' DOLCE, MIX SOCIALE è il "quartetto" proposto da Luca.
Anche a me sembra rispecchiare quanto emerso sino ad oggi.
Pensiamoci, lavoriamoci ed eventualmente integriamo ... e CONCRETIZZIAMO!

Alla prossima.
Lucia

giovedì 4 novembre 2010

Sono un'impedita, e lo so.
Qualche anima pia mi spiega come si fa ad invitare qualcuno nel blog?
Grazie.

mercoledì 3 novembre 2010

tshirt


tippitappi.com
ho trovato pubblicata questa tshirt...potrebbe essere fonte di ispirazione.
non sono convinta che l'essere 'non riconoscibili' sia la strada giusta-anzi troverei più interessante esserlo....problemi legali risolti però!

martedì 2 novembre 2010

Uno spazio ed un'iniziativa interessanti

"La città chiede di essere scoperta per nuove percezioni, non per nuove forme di progettazione, la città segreta, la città eterna che nasce improvvisa, istantanea dall’immaginazione e sorprende il cuore." James Hillman, L’anima dei Luoghi.

Curiosando in rete e cercando informazioni sulla Biennale di Architetura (che ho intenzione di visitre lunedì prossimo) ho trovato un'interessante iniziativa collaterale organizzata nello "Spazio thetis". Per chi non lo conosce già inserisco il link: http://www.thetis.it/spazio-thetis/sistemi-gps.html.
Ma soprattutto vorrei segnalre quallo che hanno organizzato proprio in occasione della biennale: http://www.culturenature.it/
In quest’area sono presentati una serie di progetti multidisciplinari che hanno come tema la natura.
Architettura, paesaggio, agricoltura, energie, design, arte, cinema sono i protagonisti di questa manifestazione estesa a dibattiti, conferenze e ad altri incontri. Negli spazi del parco-giardino le opere di architetti e artisti evidenziano gli aspetti del rapporto UOMO-ARCHITETTURA-AMBIENTE nella cultura contemporanea del terzo millennio.

Questa iniziativa mi ha fatto pensare all'idea, emersa negli ultimi incontri, di creare uno spazio "nostro", in un magazzino dismesso o in un piazzale inutilizzato dell'area portuale. Uno spazio dove creare installazioni, organizzare incontri, consentire a creativi di varia provenienza di esprimersi liberamente ... uno spazio dove continuare a lanciare proposte per la città (o in senso più ampio civiltà) del futuro. Forse stiamo sognando ma il fatto che qualcuno altrove ci riesca deve servirci da stimolo per provarci.

Spero, durante il mio viaggio veneziano, di avere il tempo di visitare questo luogo. Vi farò sapere ...

lunedì 1 novembre 2010

Passioni

Gli amori di Gino

Talvolta, quando Gino vedeva la saracinesca arrugginita del fondo ora chiuso del 70m2, ricordava i giorni lieti di tanti anni prima trascorsi con Giessika, la ragazza della sua adolescenza, con cui di frequente si soffermava davanti a quello strano posto. In gioventù non riusciva proprio a capire bene cosa facessero, ma ogni tanto esponevano borse di gomma, tavoli sbertucciati, vestiti di carta, tutti oggetti che Giessika ammirava a lungo dalla vetrina, quando non era chiusa da un misterioso drappo nero, senza avere però il coraggio di entrare.

I due ragazzi si erano conosciuti in Fortezza ad un concerto del gruppo “Latte & i suoi derivati”, scoprendo con reciproco piacere la notevole affinità nell'entusiasmarsi senza ritegno al brano in cui la band si domanda quale possa essere il segreto dell'inossidabilità di Mick Jagger, con l'esilarante performance del vocalist Lillo, che saltella ed ancheggia imitando la mitica rockstar inglese, così diversa da suo padre.

Come tutte le passioni giovanili era stato un amore denso di improvvise litigate ed altrettanto repentine riappacificazioni, grandi progetti e puntigliose ripicche ed era durato per un bel po'. Poi Giessika era andata per un erasmus in Vietnam e lì aveva conosciuto uno studente dell'università di Hanoi, di cui si era presto invaghita, piantando il Gino.

Per un lunghissimo periodo, dopo che Giessika lo aveva lasciato, Gino era rimasto single, salvo brevi avventurette occasionali iniziate e finite nelle consuetudini labroniche di quei tempi: scogli piatti, aperitivo dal nardi, baracchina bianca e nottata al calafuria.

Un giorno, spinto dalla curiosità di assaggiare le gabbrane di cui tutti parlavano, andò al mercato delle verdure di Piazza Cavallotti e mentre stava gustando la dolce specialità delle nostre colline, fra gli affollati banchetti intravide Mariadefilippa, una giovane donna che portava il curioso nome con il quale sua madre, accanita fan di reality televisivi, aveva voluto omaggiare la nota conduttrice tv.

Gino la notò stanca e trafelata al suo banchetto e le offrì un frutto, che lei accettò volentieri. Questi erano i primi giorni del suo praticantato ed era stata una mattinata particolarmente faticosa, tra la confusione del posto e le pressanti richieste dei clienti; apprezzò molto il gesto galante di Gino. Mariadefilippa era un avvocatessa ambulante ed i colleghi più anziani l'avevano avvertita che all'inizio sarebbe stata dura, ma era una necessità: tutti gli avvocati, come del resto gli altri professionisti, ora cominciavano la loro carriera in questo modo.

I primi a svolgere la professione “on the road” erano stati gli architetti. Si erano accorti che se uno faceva a piedi il tratto di strada tra l'Attias ed il Comune, veniva fermato almeno una decina di volte da amici e conoscenti che avevano bisogno di consigli, smarriti tra la complessità delle procedure; non c'era bisogno di fare disegni e tanto meno progetti, ma solo rilasciare pareri verbali. In seguito, anche a causa delle perduranti crisi delle costruzioni, si instaurò l'abitudine di chiedere un piccolo compenso per la consulenza prestata, magari all'inizio una colazione, poi un pranzo ed infine un vero e proprio pagamento in danaro. Nacque così la figura del tecnico che non aveva altro studio se non i marciapiedi delle vie nei paraggi del Comune dove soccorreva all'istante il cittadino confuso di fronte al PIL (il Presunto Inizio Lavori in caso di Intenzione di Attività) o al modulo per la Semplicissima Manutenzione se voleva cambiare le maniglie di casa, oppure in preda all'angoscia di aver commesso un abuso edilizio perchè non aveva steso i panni come prescritto dalle norme per il decoro urbano.

Gli avvocati ed i commercialisti ambulanti preferivano invece installare postazioni fisse nei paraggi delle zone più popolose; tutti i più illustri studi mandavano gli avventizi a fare la gavetta al mercato, in Piazza Garibaldi o sotto i portici di Via Grande. Erano talmente numerose ed ingarbugliate le norme, le prescrizioni, gli adempimenti, anche per le cose quotidiane più banali, che era necessario tenere del personale direttamente in mezzo alla gente, che desse un primo immediato soccorso alle travagliate popolazioni per risolvere i problemi spicci più urgenti. Bastava un piccolo banco dove appoggiare un portatile, qualche codice procedurale ed un registratore di cassa per fare lo scontrino. C'era sempre una gran ressa davanti a questi banchetti: un regolamento di condominio da interpretare, una scadenze fiscale dell'ultim'ora, una multa da contestare ed i poveri professionisti arrivavano a fine giornata stremati. Per fortuna dopo qualche tempo venivano richiamati in studio per svolgere mansioni più importanti. Molti però preferivano continuare l'attività ambulante ed esistevano importanti studi legali o di fiscalisti che svolgevano la loro professione esclusivamente attraverso decine di banchetti sparsi per la città, producendo fatturati altissimi.

Gino e Mariadefilippa si fidanzarono. Lui a metà mattinata andava sempre a trovarla alla bancarella per portale un pensiero gentile: un mazzetto di fiori, qualche pasticcino, un piccolo monile e questi gesti quotidiani, spontanei ed affettuosi, facevano parte della loro routine amorosa. Un giorno però Gino con stupore non trovò più la sua ragazza tra i banchi di cavolfiore e mele golden: il capo aveva stabilito che il praticantato era finito ed ora doveva lavorare in studio. Toglierla dalla strada fu la fine della loro storia: lei sempre più in ufficio fino a tardi, lui sempre più in viaggio alla ricerca di file... non si vedevano mai. L'amore svanì ed alla fine si lasciarono.

Gino sentì la sua mancanza per un po' ed i primi tempi quando tornava da quelle parti sperava di rivedere dietro una cesta di insalata od una cassetta di zucchine la sua bella, che magari il capo aveva nuovamente declassata tra i banchetti. Ma questo era impossibile: Mariadefilippa era molto brava, fece una rapida carriera e diventò la consulente legale di una multinazionale di import-export di frutta e verdura.

A consolarlo ci provò Oracla. Lei era un'educatrice di bamboccioni, come venivano definiti a quei tempi i giovanotti saldamente accasati nella dimora dei genitori, nonstante l'età più che matura. Già dalla fine degli anni 10 i governanti avevano cominciato a prendere sul serio il fenomeno tipicamente italiano dei ragazzi che non ne volevano sapere di staccarsi dalla casa di mamma e papà: furono proposte varie iniziative (qualche ministro un po' più focoso voleva addirittura mandarli a prendere dai carabinieri), come incentivi sull'affitto e buoni spesa, e vennero anche organizzati dei seminari educativi per convincere gli ultratrentenni ad andare a vivere per conto proprio.

Oracla insegnava in uno di questi corsi; esponeva alla scettica platea la necessità dell'indipendenza economica dai genitori, i vantaggi di una vita del tutto autonoma e prediceva agli incalliti bambocci un futuro più gratificante se fossero riusciti ad autoaffermarsi. Gino la conobbe all'uscita di uno di questi simposi, a cui partecipava un comune amico. Cominciarono a frequentarsi e col tempo l'amicizia si trasformò in amore. Ma fu un'unione molto burrascosa. Il problema stava nel fatto che Gino stesso era il più autentico dei bamboccioni e non ci pensava nemmeno lontanamente a cambiare la sua condizione. Lui stava di molto bene in casa dei suoi in piazza Magenta, con la sua cameretta, il suo pc, facebook, sky, il suvvino. ... tutto già lavato e stirato, cucinato e apparecchiato... cosa si poteva desiderare di meglio dalla vita!?!

Con Oracla non poteva durare e non durò.

Eppure Gino al matrimonio una volta ci era andato assai vicino. Era successo con l'affascinante Jobsa, una saudita sbarcata a Livorno con un gruppo di investitori al seguito di un ricchissimo sceicco del Dubai interessato alle ubertose tenute maremmane per impiantarvi la coltivazione della palma da dattero.

Per caso Gino incrociò gli ospiti levantini mentre brancolavano, con i navigatori pedonali impazziti, alla ricerca del ristorante La Barcarola dove volevano andare ad assaggiare il cacciucco. Gino, che aveva subito adocchiato l'esotica signora, si offrì di accompagnarli fino all'uscio del locale, spiegando loro che con la nuova moda di modificare continuamente i nomi delle strade con quelli dei divi dello spettacolo, i software delle mappe non erano mai aggiornati; per ricambiarlo della gentilezza Jobsa lo invitò a restare a cena con loro.

Fu per entrambi un colpo di fulmine e si innamorarono perdutamente. Quando lei gli chiese se voleva seguirla nel suo paese, lui non se lo fece dire due volte. Durante il romantico viaggio di ritorno sullo splendido veliero tutto bianco dello sceicco cominciarono a parlare di nozze, ma l'arrivo al fiabesco palazzo di Jobsa fu per Gino un vero trauma: avrebbe fatto parte di un harem!

Gino per la verità non aveva mai seguito molto le vicende di quei lontani paesi: non si era accorto del grande processo di emancipazione femminile che finalmente aveva toccato anche quelle terre. Le donne di lì, ora con gli stessi diritti dei maschi, erano libere di fare quello che gli uomini avevano fatto per millenni e, se volevano, potevano anche loro mettere su un harem di mariti!

Quando Gino lo venne a sapere si terrorizzò: nella sua mente era radicato lo stereotipo di un luogo di prigionia, guardato a vista dagli eunuchi … in questo caso da nerborute amazzoni, dove avrebbe finito i suoi giorni come schiavo della crudele califfa. Le cose non stavano affatto così, anzi gli uomini dell'harem godevano della massima libertà, di solito mantenuti dalla ricca moglie, dedicandosi prevalentemente ai loro hobbies e divertimenti, alla cura della loro persona, all'abbigliamento... una vita da pascià.

Ma Gino proprio non se la sentì e Jobsa, anche se addolorata, lo lasciò partire. Il rammarico fu notevole anche da parte dei suoi numerosi mariti, che già avevano avuto modo di apprezzare le qualità di giocatore di calcetto di Gino (l'esperienza di decenni di gabbionate sui Fiume si notava subito). Sarebbe stato un ottimo elemento per il torneo delle squadre degli harem, competizione cominciata anni addietro come passatempo degli annoiati concubini, ma poi, con il riconoscimento dalla Lega Calcistica Araba, divenuto il campionato più popolare nei paesi del Golfo. I giocatori degli harem laggiù erano assai famosi, sempre in tv e nei videoclips ed i più forti contesi a suon di milioni. Il loro trasferimento da un harem all'altro era il migliore degli affari per quelle abili matrone: con un colpo solo centravanti e marito nuovi!

Ora Gino stava la russa conosciuta a Форте дей Марми. Era una donna molto bella: aveva occhi azzurri come lo sfondo del desktop di un Mac ed i capelli neri come la scocca di un Blackberry. Si chiamava Billgàtova ed aveva un gran passione per i pc e la fotografia. Facevano insieme lunghe escursioni in mongolfiera, l'aeromobile adesso più in uso e lei scattava bellissime immagini dall'alto del nostro paese. Di recente erano andati a sorvolare le zone desertificate del meridione d'Italia, dove l'inaridimento del territorio per la grande calura aveva sconvolto il paesaggio di quei luoghi, rendendoli assai simile ai posti che Gino in gioventù ricordava di aver visto solo nelle immagini dell'Africa Sahariana.

Billgàtova era alquanto più giovane, ma questo non era un problema per Gino, che aveva approfittato delle opzioni offerte dal D.R.E.N., l'ultima novità escogitata dai governanti per risolvere i problemi del pensionamento.

Tutte le volte che veniva spostato il limite dell'età minima per ritirarsi dal lavoro, si creava sempre un grosso malcontento tra i lavoratori, con manifestazioni, scioperi, occupazioni. Un oscuro funzionario dell'Inps di Montecatini ebbe un'idea stupefacente: anziché aumentare quel limite, perchè non diminuire l'età della gente?

Ed ecco il D.R.E.N.: Decreto per la Riduzione dell'Età Naturale. Bastava fare una domanda in carta bollata alla Prefettura con la richiesta della nuova data di nascita, allegare una foto e qualche certificato e, dopo una veloce istruttoria di un'apposita commissione, si veniva ringiovaniti con 5, 10, 15 anni di meno regolarmente trascritti sui tutti i documenti anagrafici: in poche settimane una rinfrescata di svariati anni! L'unica condizione per ottenere un “drenaggio” dell'età era quello di essere ancora in attività. I funzionari addetti alla riduzione dell'età non andavano tanto per il sottile: il loro scopo era quello di tenere la gente in età lavorativa il più possibile; se uno decideva di togliersi 15 anni, avrebbe lavorato 15 anni di più prima di arrivare all'età di pensione. I vantaggi per gli istituti previdenziali furono enormi; si ritrovano con centinaia di migliaia di lavoratori che spontaneamente continuarono a lavorare e pagare contributi per qualche decennio in più, con un crollo verticale delle domande di pensionamento.

L'improbabile trucco ebbe un successo strepitoso; per la verità tutti, con il dilagare di beauty farms, spa, centri fitness, diete, palestre, portavano assai bene gli anni: alla gente non parve vero di poter ritornare all'età più giovanile che effettivamente dimostravano. Chi poteva obiettare qualcosa ad una bella signora quarantacinquenne che dimostrandone, a suo dire, appena trenta, si era fatta “drenare” dallo Stato una quindicina di anni?

E poi questo ringiovanimento collettivo della popolazione portò una ventata di ottimismo, di creatività, di voglia di fare, con grandi benefici sociali ed economici per ogni settore dell'intero paese.

Gino dunque era un drenato e non aveva alcun problema ad accompagnarsi con una ragazza della sua stessa età (anche se di qualche lustro più giovane).

Tutte le volte che guardava la sua nuova Carta di Identità Gino non poteva fare a meno di ripetersi: “.... tutto mi sarei aspettato dalle meraviglie del futuro, ma mai la strabiliante macchina del tempo che mi ha fatto tornare indietro di una dozzina di anni!..”

domenica 31 ottobre 2010

Ciao a tutti, vi inoltro il sito di quel concorso inerente i giardini a Torino di cui vi ho parlato in precedenza
http://www.giardiningiro.it/wp/
andate a guardarvelo perché è un’iniziativa veramente interessante!!
OK per le tre zone in cui effettuare la semina, in questi giorni andrò in giro con la macchina fotografica.
Penso che dovremmo organizzarci per effettuare l’azione tutti insieme in ogni singola zona e che dovremmo essere riconoscibili.
All’inizio avevo pensato ad una t-shirt uguale per tutti, poi mi sono resa conto che la temperatura non ci aiuta in questo momento quindi ero passata ad un passamontagna ma poi cosa faremo quando ci saranno 40 gradi all’ombra?
Alla fine mi sarei risolta per un logo, come già sostiene Luca. In effetti abbiamo bisogno di un logo che ci identifichi, anche una semplice scritta magari, in questo modo potremmo applicarla a magliette, cappelli etc….e a tutto quello che ci potrà essere utile di volta in volta.
Vorrei inoltre sottoporre a tutti un’idea che mi è venuta per le nostre future installazioni verdi.
Potrebbe essere interessante costruire delle vasche su ruote in legno di recupero e di dimensioni contenute, profonde abbastanza da contenere da un albero di dimensioni non troppo grandi o arbusti ad alto fusto ad aiuole fiorite, a seconda della necessità. Queste vasche, per un minimo di 12, adeguatamente piantumate, potrebbero essere spostate da un luogo all’altro della città e sistemate di volta in volta secondo un progetto studiato appositamente a seconda della collocazione.
Una mattina potrebbe spuntare una fila di alberelli in una piazza, la mattina dopo un boschetto in una rotatoria etc…
Se studiate bene potrebbero essere interessanti credo.
Erika

venerdì 29 ottobre 2010

Le mie risposte ad Alessandra

Avevo risposto direttamente ad Alessandra, ma Carmelo mi ha fatto giustamente notare che nessuno (a parte lei) le avrebbe letto quello che avevo scritto.....di seguito vi allego il tutto
Marco

Qual e’ il ruolo dell’architetto nella progettazione socio urbanistica della citta’?


- L'architetto dovrebbe (il condizionale è d'obbligo!!!) essere l'artefice del disegno della città, disegno che implica tutti gli aspetti (almeno i più importanti) della società.

Cerco di spiegarmi meglio....la città nasce principalmente per ospitare persone, è la cosa più elementare da pensare! Senza persone non esistono città! Da questo presupposto devono partire, secondo me, una serie di scelte mirate a soddisfare la “buona ospitalità”....quindi, in generale, devono essere pensati tutti i servizi e le strutture necessarie.

Quello che serve ad una città, allora, viene adagiato su un territorio...inizialmente in modo più o meno casuale lasciando che ogni “cosa” assuma una posizione. Poi entra in gioco una persona (l'architetto??!!) che rappresenta quello che deve mettere insieme tutti i pezzi di questo importante e complicato puzzle. Dalle sue scelte dipende tutto....si possono creare città disordinate, sporche, dispersive, insignificanti...ma si possono anche realizzare buoni progetti che concentrano l'attenzione sulla persona (artefice della città) per creare luoghi ordinati, puliti, immediati e logici...in una parola, inclusivi.

Perchè la cosa più elementare da pensare è che le città siano luoghi che includono le persone e non le escludono...per me la progettazione socio/urbanistica parte da questo importante presupposto...la persona al centro dell'attenzione, e l'architetto può essere quello che decide in un verso o in un altro...con una responsabilità enorme, anche se alcune volte (per essere ottimista) non se ne rende nemmeno conto di quanto le sue scelte possano pesare!!!!


Come sara’ secondo voi Livorno nel 2060 e come sperate che sia?


- Livorno nel 2060? Difficile dire come sarà, spero innanzitutto che non sia come si presenta oggi! Mi riesce più facile provare ad immaginare come vorrei che fosse!!...Ci saranno sicuramente grossi cambiamenti che riguarderanno l'aspetto “fisico” del territorio, ma il cambiamento che auspico e che, per ora non vedo, riguarda l'atteggiamento dei livornesi nei confronti della città.

Mi piacerebbe che nel 2060 le persone si rendessero veramente conto delle potenzialità di questa città di mare, ricca di spunti e di opportunità, mi piacerebbe che queste opportunità ed occasioni rendessero Livorno una città più internazionale, più cosmopolita, invasa e visitata anche da stranieri non necessariamente portati via da grandi pulman verso luoghi diversi.

Mi piacerebbe una città in cui l'aspetto ambientale possa rappresentare anche una risorsa, mi piacerebbe rifare il bagno nei Fossi (come ci viene raccontato succedesse una volta) e vorrei poter attraversare la città senza la macchina. Auspico sistemi di trasporto sotterranei (assolutamente “eco”) per poter passeggiare in superficie o andare in bicicletta, vorrei poter andare in grandi parchi urbani progettati anche a misura di bambino, vorrei che la Fortezza Vecchia ospitasse uno dei più importanti musei di arte moderna e vorrei ritrovare le persone che conosco sul nuovo lungomare realizzato in modo che si possa “vivere” il mare a differenza di oggi che il mare non si vede quasi nemmeno!!! Ecco come vorrei vedere Livorno nel 2060, una città nuova...


Voi siete tre soci e quindi siete abituati a lavorare in gruppo, pensi che lo spirito collaborativi possa realmente funzionare per progettare la città?


La collaborazione, tra noi architetti, è un lato fondamentale della nostra formazione. Fin da subito, all'università, ti fanno lavorare in gruppo...il gruppo, nella normale attività lavorativa, diventa motivo di scambio di opinioni, di confronto ed anche di scontro...ma comunque rappresenta il giusto modo di crescita personale e professionale!

Una buona progettazione, a qualunque scala, non può prescindere dal gruppo di lavoro....


Come sta andando nel gruppo di “Livorno 2060”?


La nascita del gruppo Livorno 2060, rappresenta, per me il “normale” modo di lavorare per pensare e progettare una nuova città...architetti, artisti, creativi in genere tutti sotto lo stesso tetto per il bene comune...tante persone, tutte diverse le une dalle altre, spinte tutte però da una grande carica e da una grande voglia di fare...un metodo assolutamente da far continuare per una città più nostra!

PROSSIMO INCONTRO

Il prossimo incontro è stato fissato per mercoledì 10 ottobre alla galleria di via Michon alle ore 18.00.

Aggiornamenti dopo l'incontro di Mercoledì 27 ottobre

Mercoledì scorso alla galleria Michon non eravamo molti ma rispetto alle riunioni passate mi sembra che siano state prese decisioni più concrete. Ormai direi che l'argomento "verde" è stato eletto come il primo da affrontare. Dico primo e non unico perchè ce ne sono molti altri altrettanto importanti e stimolanti che sicuramente saranno ripresi e sviluppati. Ma da qualcosa dobbiamo partire e l'idea di seminare fisicamente (semi) e metaforicamente (idee, progetti) che tra 50 anni saranno visibili e concreti, mi sembra perfetta per un inizio.
Poi c'è stata la proposta di Alessandra di scrivere un articolo per Il Tirreno che ha portato alla necessità di concretizzare qualcosa. A parte le risposte alle domande da lei formulate ci ha chiesto qualche foto significativa sia del gruppo in riunione che di ciò che vorremo proporre in materia di "verde pubblico". Vista l'impossibilità per il momento di fornire un'immagine progettuale più o meno realistica e la volontà di non svelare troppo su quelle che saranno le nostre prime "azioni", abbiamo deciso (nello scorso incontro, appunto) di elaborare un fotomontaggio volutamente irrealistico e che diventi simbolico di ciò che ri-proporremo più concretamente nei prossimi mesi. Ieri sono stati fatti due tentativi da me (Piazza del Municipio) e da Nicoletta (Piazza della Repubblica). Il primo volutamente esagerato ed anche un pò ironico nei confronti della tendenza livornese a piantare palme ovunque, il secondo altrettanto provocatorio e forse più "bucolico". Da notare la presenza, nella ambientazione davanti al municipio, di un grande scimmia, inserita da Giulia che propone di farla diventare "protagonista" del nostro LOGO (in fase di studio).
Comunque se qualcuno vuole provare qualche altra elaborazione di fotoritocco (anche "manuale") ben venga .... ma tenete conto che per motivi di "stampa" dovremmo dare tutto ad alessandra al più presto.
Questo è quanto è emerso dall'ultimo incontro. Ho ritenuto giusto riportarlo sul blog dato il numero non troppo alto di chi ha partecipato mercoledì. Come sempre vorremmo che anche chi non riesce ad essere presente agli incontri, si sentisse coinvolto, esprimesse la propria opinione e desse il proprio contributo.

A presto.

Lucia


Risposte di Lucia

Avevo inviato le mie risposte ad Alessandra già da parecchio tempo ma vista la richiesta (giusta) degli altri di condividerle con tutti, accole anche sul blog:

Qual e’ il ruolo dell’architetto nella progettazione socio urbanistica della citta’?
Un architetto dovrebbe educare al bello con ciò che progetta e al rispetto verso ciò che già esiste. Bellezza e rispetto sono parole profondamente legate. Raul Pantaleo (architetto che progetta ospedali per Emergency) scrive a proposito della ballezza: " cura delle cose, dei dettagli, delle proporzioni, attenzione alle persone; in sintesi rispetto. Dal rispetto non può che nascere qualcosa di bello, non può essere altrimenti".
Inoltre aggiungo che un architetto dovrebbe riuscire a valorizzare luoghi insignificanti e a mantenere alto il livello di ciò che è già apprezzato. Trasformare aree degradate o anonime in luoghi dove vivere risulta piacevole e mantenere vitali le parti della città degne di salvaguardia senza snaturarle né farle diventare anacronistici musei fuori dal tempo.

Come sara’ secondo voi Livorno nel 2060 e come sperate che sia?
Immagino Livorno tra 50 non troppo diversa da quello che è oggi, una città di mare dove il mare è vissuto e protagonista sia nelle abitudini che nelle menti dei livornesi. La immagino ancora un po' degradata e con aree che faranno pensare ad occasioni perdute ma anche con qualcosa di positivamente nuovo e inaspettato. Credo che 50 anni siano pochi per cambiare radicalmente le cose ma sufficienti per intraprendere un cammino e vedere dei risultati. Ciò che spero è che nel 2060 le persone siano più rispettose, consapevoli e capaci di valorizzare ciò che hanno e non pensino solo al loro piccolo vantaggio trascurando etica, estetica e crescita comune. Spero anche che nel giro di qualche decennio si possa vedere concretamente qualche buona architettura.

Voi di 70m2 siete tre soci e siete abituati a lavorare in gruppo, pensi che lo spirito collaborativo possa realmente funzionare per progettare la città?
Non potrei fare a meno del lavoro di gruppo, per me sarebbe inconcepibile. Dalla piccola alla grande scala di progettazione è fondamentale confrontarsi, avere conferme da un diverso punto di vista e anche fare qualche rinuncia essendo consapevoli del fatto che il risultato complessivo sarà più convincente. Nella progettazione della città poi le competenze che entrano in gioco sono ancora più complesse e per lavoro di gruppo intendo non solo quello con colleghi "tecnici" ma anche con esperti di altre discipline (sociologi, artisti, psicologi, etc.)

Come sta andando nel gruppo di "Livorno 2060"?
L'esperienza che stiamo portando avanti con Livorno 2060 per me è stata una sorpresa. Non credevo che tante persone, con tutte le loro diversità, potessero avere una così ampia condivisione di idee. Ogni volta che qualcuno propone un argomento, un progetto, un punto di vista diverso riceve un grande consenso spontaneo e disinteressato. Per il momento il disaccordo che comunque sarebbe lecito, non fa parte delle reazioni che emergono durante i nostri incontri. Dico la verità, all'inizio ero scettica sulla riuscita di questo progetto ma ora comincio a pensare che possa venir fuori qualcosa di veramente tangibile i cui risultati si vedranno nel tempo.
Dobbiamo iniziare subito a "seminare" e senza avere fretta continuare a farlo, abbiamo 50 anni davanti …

giovedì 28 ottobre 2010

Ciao a tutti,
mi dispiace tantissimo di non aver partecipato all’incontro di ieri sera.
Un medico poco compiacente mi ha bloccato nella sua sala d’aspetto per un tempo vergognoso e mi sono persa l’appuntamento.
A parte il piacere di vedere tutti voi avevo anche delle cose interessanti da raccontarvi.
Provo a riassumerle sul blog per poi magari approfondire la questione nel prossimo incontro.
La scorsa settimana sono stata a Torino (colgo l’occasione per consigliare a chiunque ci stia leggendo di andare a fare un giro da quelle parti ) e ho potuto osservare gli orti urbani che slow food aveva realizzato per il salone del gusto: semplici ed efficaci vasche di terra contenuta da tavolame da cantiere dove erano piantate verdure di vario tipo ed erbe officinali. Ed ho pensato: al di là dell’orto che in effetti richiederebbe una manutenzione quotidiana, perché non usare la stessa tecnica per realizzare veri e propri progetti di arredo urbano da noi redatti in aree centrali dove il verde non è previsto?
Costa poco, è veloce da realizzare e di sicuro impatto emozionale.
Inoltre mi sono ricordata di un concorso indetto dal comune di Torino un paio di anni fa in cui si chiedeva ad una dozzina di artisti/architetti di creare dei giardini estemporanei in zone pre-assegnate di un unico quartiere degradato della città. Ognuno realizzò cose diversa: chi faceva tracimare alberi dalle finestre, chi aveva appeso piante a fili volanti, etc….
Perché non cercare di varare un’iniziativa simile?
Cercherò di documentarmi per il prossimo incontro.

Colgo l'occasione per rispondere ad alcune delle domande di alessandra.


che cos'è Livorno 2060
Un gruppo di persone creative (creatività intesa come capacità di spostare lo sguardo in senso laterale rispetto alla situazione contingente) che spera di poter cambiare la direzione inesorabilmente presa dal destino di questa città tramite l’interazione di gruppo, la crescita culturale e quindi personale.
La speranza è quella di ottenere risultati concreti ma anche soltanto focalizzare l’attenzione dei distratti livornesi sulla questione sarebbe un raggiungimento.
perchè formare un gruppo di architetti e artisti per immaginare una città  futura?
Tutti i cambiamenti hanno bisogno di menti tecniche e visionarie. Non esiste cambiamento senza le due cose. A voi decidere chi è il tecnico e chi il visionario.
quali risultati ti aspetti da questo gruppo di lavoro?
Di tenere duro. Abbiamo la stoffa per farlo, e lo dobbiamo fare.
esiste una città  ideale?
Esiste una speranza di città a misura d’uomo, ognuna diversa dall’altra a seconda dei luoghi e dei popoli. E’ un miraggio per ora irrealizzato.
Perché partire dal verde pubblico?
E’ una necessità e una dimostrazione. Da oggi ci siamo anche noi!
Come sarà  secondo voi Livorno nel 2060 e come sperate che sia?
Livorno nel 2060 sarà quello che ci siamo meritati. Pensiamoci.
alcuni architetti sono abituati a lavorare in gruppo, pensi che lo spirito collaborativo possa realmente funzionare per progettare la città ?
Lo spirito collaborativo è sempre auspicabile, in ogni campo. Il contrario non favorisce nè crescita personale né tantomeno professionale e porta invariabilmente alla mediocrità.
Come sta andando nel gruppo di Livorno 2060?
Ottimamente direi!

Ciao a tutti, Erika Bartoli

mercoledì 27 ottobre 2010

Livorno. 2060” è un tentativo ,una visione ,vorremmo superare l’attualità e confrontarci con un futuro inimmaginabile.
50 anni sono troppi per fare previsioni ragionevoli ,troppi eventi imprevisti (naturali,economici,sociali…)possono verificarsi per sconvolgere,capovolgere qualsiasi previsione.
La nostra società ,intendo nel suo complesso dai settori dirigenziali alle strutture di base non riesce a confrontarsi con il futuro a lunga scadenza,a progettare i cambiamenti, vedere dove vuol andare.
La politica stretta in un meccanismo di consenso ad ogni costo,non trova soluzioni lungimiranti per i grandi problemi delle città dei territori e degli uomini.
Il risultato sono scelte di bassa qualità spesso contraddittorie ,che si accontentano di tamponare,raffreddare emergenze,rimediare errori precedenti.
Noi di “Livorno 2060” abbiamo in comune la sofferenza di vedere la nostra città,il nostro territorio teatro di molte occasioni perse (passate e a venire) e che non riesce ad elaborare una strategia organica per il futuro ..usando le proprie potenzialità.
Ci siamo riuniti per produrre degli interventi sul futuro che possono essere utopici,visionari,creativi o realistici….con una visione negativa o positiva ma per dire che si può ragionare anche su un orizzonte più ampio.
L’incontro fra architetti e artisti è venuto naturale ,per affinità credo, ma vorremmo avere il contributo di tutti quelli che hanno qualche idea,che hanno qualcosa da dire se soprattutto condividono con noi quella sofferenza .
Anzi direi che è fondamentale che andando avanti si aggiungano nuove competenze e contributi…..il nostro è un progetto aperto.
Il primo risultato è senz’altro la costituzione del gruppo,la risposta avuta, e sarà un bel risultato la conferma di questo gruppo,la prosecuzione del lavoro…. sono molto curioso degli sviluppi.
È il mio modo di fare politica,non mi riconosco e non sono portato alla politica come si manifesta comunemente .Vedo questa iniziativa come sperimentazione politica(a livello locale),probabilmente ininfluente ma in un certo senso ci collega al mondo, dovremmo essere come una piccola cellula collegata con l’esterno.
Dal punto di vista pratico mi aspetto di realizzare dei progetti(in varie forme….azioni,plastici,scritti,video ed altro) che possano provocare discussione nel nostro territorio.
Non sono sicuro che riusciremo a farci ascoltare perché è molto difficile su questi temi.

Cara Ale , la domanda sulla città ideale mi pare abbastanza complessa…non so se ho gli strumenti per rispondere,mi ci vorrebbe molto più tempo…..ma provo a dirti cosa ne penso.
Io non credo al primato dell’uomo sulla natura,l’uomo non è centrale ,è nato pochi anni fa(in confronto ai tempi geologici)e per fortuna e perché è necessario! sparirà fra non moltissimi anni.
L’uomo non accetta il divenire (ne ha paura)la trasformazione della natura ..compreso se stesso………….Scusa non voglio fare filosofia spicciola…. ma volevo solo dire che secondo me la città ideale è quella che sa trasformarsi ,che accetta di cambiare .
La città abitata da uomini che vivono serenamente la temporaneità e la propria condizione di parte della natura.
Una città dove flora e fauna hanno lo stesso peso degli umani.

martedì 26 ottobre 2010

Commento all'ultimo post di Gino

Chapeau!

Risposte per Alessandra

Posto le mie risposte alle domande di Alessandra, per quanto quelle di Carmelo siano largamente condivisibili. Ho cercato di essere sintetico al massimo. Poi scappo in comune e quindi mi rilasso con l'ultimo capitolo della saga di Gino. cisidomani

che cos'è Livorno 2060?

Un laboratorio, speriamo permanente, sul futuro della città.

perchè formare un gruppo di architetti e artisti per immaginare una città futura?

Effettivamente non credo che siano gli architetti i più adatti a immaginare la città futura, non è un caso che l'idea sia di un artista, Enrico Bertelli. Speriamo che, se il gruppo si consolida, si possano aggiungere anche persone di altra formazione.

quali risultati ti aspetti da questo gruppo di lavoro?

1.Un confronto con gli altri depurato dalla meschinità intellettuale delle questioni che normalmente vengono poste nella quotidianità professionale. 2. l'esecuzione di un certo numero di”Azioni”

esiste una città ideale? Qual'è secondo te?

Fatta salva tutta la ampia letteratura esistente io dico che la città ideale esiste solo come categoria filosofica o , al limite, come esercizio di stile. La città ideale appena si cristallizza in un' idea immediatamente dopo si dissolve perchè già vecchia. La città non è i suoi mattoni ma la sua gente e quindi nessun Urbanista, pianificatore o progettista, che dir si voglia, potrà mai sostituirsi a quella stratificazione di storie che disegnano lo spazio che gli umani condividono dal giorno che hanno deciso che stare insieme era meglio che stare da soli. In questi primi mesi di incontri con Livorno 2060, durante i quali abbiamo parlato e scritto a ruota libera, sono, secondo me usciti fuori alcuni “ingredienti” che, probabilmente, sono fondamentali alla ricetta di livorno 2060, e anche se non sono sufficienti a cucinare la torta “città ideale”, sono indispensabili per fare almeno una buona minestra. Per me questi ingredienti sono:

VERDE

IDENTITA'

MOBILITA' DOLCE

MIX SOCIALE

perchè partire dal verde pubblico?

Vedi sopra, solo una precisiazione: secondo me in una città l'espressione “verde pubblico” è tautologica

qual'è la funzione di uno spazio verde nella città?

Il verde fa bene alla salute e all'ambiente: purifica l'aria da inquinanti e polveri sottili, cattura anidride carbonica, produce ossigeno e consente di risparmiare energia per il condizionamento. Il Verde fa bene allo spirito: Il benessere visivo procurato da un albero nessun edificio potrà mai eguagliarlo. Il verde è spazio comune per definizione: poco verde=poche relazioni

come nasce l'idea delle Seed Bomb?

Vogliamo iniziare con un azione chiara come intenzioni ed efficacie come visibilità. L'idea iniziale era di piantare direttamente degli alberi, ma poi abbiamo pensato che fosse più rappresentativo, visto che abbiamo a disposizione i 50 anni che ci separano dal 2060, piantare dei semi. Il modello è quello dei “guerrilla gardening”

si parla molto di partecipazione, oggi le amministrazioni se ne appropriano mettendo in campo dei processi che realmente non hanno niente a che fare con la partecipazione cittadina. Che ne pensi? Esiste una architettura partecipativa? Funziona? (qualche esempio)

....argomento vasto e difficile. La pianificazione urbana, nelle società democratiche, è o dovrebbe essere partecipata per definizione. La partecipazione più efficacie è quella che parte dal basso, quando parte dalla politica rischia di diventare slogan o, peggio, rischia di essere “guidata”.

qual'è il ruolo dell'architetto nella progettazione socio urbanistica della città?

Fondamentale ma inutile se non si avvale di tutte le componenti, culturali, intellettuali e popolari della città stessa

Come sarà secondo voi Livorno nel 2060 e come sperate che sia?

Non si può aggiungere nulla a quello che a detto Carmelo: lo sapremo in una fase più avanzata di questo laboratorio.

alcuni architetti sono abituati a lavorare in gruppo, pensi che lo spirito collaborativo possa realmente funzionare per progettare la città?

Lo spirito collaborativo è, o dovrebbe essere, l'elemento maggiormente costitutivo e fondativo dell'idea stessa di città

Come sta andando nel gruppo

bene grazie :-)

Luca Difonzo

lunedì 25 ottobre 2010

Shopping

Gino fa spese

Gino era riuscito a rintracciare i proprietari del materiale ritrovato nel sottoscala ed aveva fissato un appuntamento per la consegna di numerosi jpeg dei loro giorni passati. Era gente molto facoltosa ed il viaggio al Carnevale carioca in California non sembrava più un sogno irraggiungibile. Voleva presentarsi bene ed aveva bisogno di una giacca nuova; fece un'accurata ricerca su internet, decise cosa comprare ed andò nella boutique sotto casa per effettuare l'acquisto.

I negozi di abbigliamento adesso erano tutti molto piccoli e non avevano merce esposta o magazzini, poichè la scelta del capo si faceva con calma a casa consultando i cataloghi on line; ci si andava solo per verificare la stoffa, per vedere il colore e soprattutto per la taglia. Un tempo invece gli acquisti si facevano interamente via internet e tutto si sceglieva dal computer; però la dilagante insoddisfazione per misure imprecise, materiali deludenti e colori assai diversi da come apparivano sullo schermo, avevano reso necessario l'apertura di una rete capillare di punti di vendita reali sul territorio, di contatto diretto con il pubblico. Erano strutturati tutti più o meno alla stessa maniera: appena si entrava si passava attraverso un body scanner che rilevava in un attimo ogni misura possibile del cliente, da capo a piedi; dopo la scansione il sistema aveva immagazzinato i dati per scarpe, camicie, abiti, guanti, pigiami, fruit … qualsiasi capo. Naturalmente per gli utenti abituali le informazioni erano già nel database ed eventualmente, magari dopo un periodo di abbuffate di buristo fritto, di scottiglia o di picchiante in padella, si poteva chiedere di aggiornarli. Si passava poi alla scelta delle stoffe, potendo toccare con mano i campioni per valutarne consistenza, pesantezza, trama, caratteristiche. C'era di tutto: tessuti che si termo-regolavano automaticamente, dilatando o chiudendo le trame dei fili, in modo che facessero traspirare di più il corpo oppure trattenessero meglio il calore; panni in grado di accumulare l'energia cinetica che si produceva con lo sfregamento e quindi restituirla per ricaricare l'ipod o l'apricancello; molto divertenti quelli che cambiavano colore al variare della temperatura: le signore gradivano uscire la mattina in bianco, per ritrovarsi la sera, quando l'aria rinfrescava, fasciate in un seducente rosso Valentino, senza bisogno di cambiarsi d'abito.

Una volta trovati materiali e colori si sceglieva la combinazione: si poteva fare qualsiasi mescolanza, decidendo magari per una giacca con una manica diversa dall'altra con toppe delle tasche differenti e colletto ancora variato: la gente si abbigliava in modo molto variopinto ed eclettico. Per la produzione non c'erano problemi. I dati della scansione, i codici della componentistica scelta dal cliente, i ral dei colori, venivano trasmessi in tempo reale alle fabbriche. Qui immediatamente partiva il confezionamento del capo; tutto si svolgeva in maniera automatica, sotto la gestione dei calcolatori; le macchine tessili lavoravano incessantemente, al buio per risparmiare energia, senza bisogno di personale, controllate dai computer che immettevano i dati ricevuto dal negozio; da sole sceglievano le pezze, le tagliavano rispettando infallibilmente le misure scansionate ed assemblavano, di solito con termo-incollaggio, maniche, tasche, spalle, revers e quasi in tempo reale il capo era pronto. Veniva poi mandato, già imballato, all'ufficio spedizioni che prontamente lo inviava a casa del cliente. Nel giro di due o tre giorni, la bellissima salopette con gambali in fibra antibatterica, pettorina trattata anti UV, tasche a soffietto in tessuto gommato, ovviamente una gialla ed una rosa, era a destinazione e vestiva perfettamente, tagliata su misura come un capo di Gieves & Hawkes in Savile Row, la sartoria di re Carlo di Inghilterra (ora finalmente sul trono).

Alla fine dell'acquisto si passava a saldare il conto in gratteria, detta così perchè qualsiasi pagamento era affidato al metodo “gratta e vinci”. Grattando si stabiliva quanto pagare, come pagare e quando pagare. Ogni articolo aveva il suo prezzo, ma grattando si poteva scoprire che sconto si era ottenuto o addirittura avere la gradita sorpresa di averlo vinto; per le cose più costose, pagabili a rate, grattando non solo si scopriva se era gratis o quanto era scontato, ma anche se doveva essere pagato subito o se poteva essere rateizzato ed infine con un'ulteriore grattata in quante rate pagarlo: se uno aveva fortuna, poteva avere una rateazione pluridecennale, con una rata talmente irrisoria da non accorgersene nemmeno.

Anche il pagamento delle bollette, dei contributi, delle tasse, seguiva lo stesso metodo e tutti correvano lieti a grattare, anche per questi odiosi balzelli. Addirittura i mutui per le case erano lasciati alla sorte di una grattata (se ti andava bene, mutuo a tasso zero durata centoventi anni, trasferibile per tre generazioni).

Era stata un'idea del ministero delle finanze italiano quella di applicare il gratta e vinci ad ogni forma possibile di movimento di danaro. L'obiettivo era quello di introdurre un efficace stimolo all'economia (la gente era indotta a comprare di più nella speranza di spendere meno o addirittura nulla con una vincita) ed allo stesso tempo di favorire il pagamento di tasse e tributi, sempre con la chimera che si poteva pagare meno o con lunghe rateizzazione. L'idea era bizzarra, ma funzionava.

Del resto era un'invenzione dello stesso ministero che anni addietro aveva avuto la stupefacente idea dell'Iperenal8 per risanare la voragine del debito pubblico italiano, arrivato a cifre inimmaginabili.

Era tutto basato sul calcolo probabilistico che la vincita dell'Iperenal8, che si otteneva azzeccando addirittura 8 numeri anziché i 6 dell'antico superenalotto, non sarebbe mai uscita; in effetti Gino da un calcolo sommario aveva valutato che si trattava di una probabilità ogni 77 miliardi circa.

Così lo stato italiano per riempire le sue casse, oltre che trattenere la percentuale sulle giocate, incamerava anche il montepremi, nella certezza che nessuno avrebbe mai potuto vincerlo e reclamarlo. Il montepremi, che si accumulava da decenni, era diventato una cifra assurdamente astronomica, con tanti zeri da riempire una riga, che attirava giocatori da ogni parte del pianeta. Con la grande interconnessione globale chiunque poteva fare la giocata e l'estrazione, prima a giorni alterni, poi quotidiana, aveva adesso una cadenza oraria. L'importo colossale attirava miliardi di scommettitori da ogni parte del pianeta: con un comune cellulare il contadino afgano, il pescatore del Baltico o il finanziere di Mumbay potevano inviare la giocata che automaticamente trasferiva sul conto dell'agenzia delle entrate almeno 1,12 eurasi (era questo il costo minimo della schedina), facendo affluire complessivamente ogni ora alcuni miliardi di eurasi, che permettevano di tenere in florido attivo i bilanci del nostro stato, benché notoriamente spendaccione. Non c'erano vincite intermedie (sei, sette, cinque più uno...): era un vinci-perdi e lo stato tratteneva tutto.

Nessuno sembrava preoccuparsi che prima o poi qualcuno avrebbe vinto e reclamato le migliaia di migliaia di miliardi del montepremi: la fiducia nella improbabilità matematica dell'evento era totale e poi ogni ministro, facendo i rituali scongiuri, si raccomandava al beato Silvio, che di queste magate se ne intendeva, implorando che la fatale combinazione, se mai avesse dovuto verificarsi, venisse estratta durante il mandato del suo successore e non durante il suo. Così si andava avanti di anno in anno, trasformando il debito pubblico nel vertiginoso montepremi che un fantomatico vincitore un improbabile giorno di chissà quale epoca avrebbe potuto esigere.

Lo stimolo all'economia con il gratta e vinci ed il risanamento del dissesto finanziario con l'iperenal8 avevano procurato ai fantasiosi dirigenti del ministero delle finanze italiano la nomination per l'Ig Nobel (si pronuncia ignobel, come ignobile in inglese), la benemerita istituzione dell'università di Harvard, Massachusetts, che dal lontano 1991 premiava ogni anno le invenzioni più stravaganti ed assurde, scelte tra quelle pubblicate sul suo bimestrale “Annals of Improbable Researches”. Nessun funzionario italiano si era mai presentato alle cerimonie al Sanders Theatre di Boston e gli ambiti trofei giacevano dimenticati nei magazzini del MIT, con la targhetta “First Prize for Creative Finance – Property of Italian Ministry of Finance”.

Una volta definito in gratteria l'importo da pagare, si andava alla cassa. Ovviamente niente contante, ma solo il cre_dito, lo strumento che aveva sostituito la carta di credito. Si digitava l'importo ed il codice del negozio, poi si poggiava il dito sullo schermo del cellulare o dell'apposita macchinetta di cui ogni bottega disponeva ed il pagamento era fatto: l'impronta digitale al posto del chip o della banda magnetica o della password, molto più semplice e sicuro. L'unico problema era che qualche volta i rapinatori, invece di portarti via il portafoglio, cercavano di staccarti un dito; si ovviava indossando, nelle zone meno sicure, i guanti di maglia di ferro di foggia medioevale.

Dopo l'acquisto della bella giacca “tailor made”, Gino si ricordò che il frigo era un po' vuoto, specialmente di frutta e doveva quindi passare dal verduraio.

I prodotti agricoli adesso venivano quasi tutti dalle vicine campagne: le necessità energetiche e le conseguenti problematiche di distribuzione avevano favorito lo sviluppo dell'agricoltura nei territori intorno ai centri abitati che venivano riforniti con brevi spostamenti di merci.

Le coltivazioni però dovevano fare i conti con le variazioni climatiche. Le colline del Gabbro erano specializzate nella coltura delle gabbrane, banane nane della qualità Ladyfinger, che crescevano in estese piantagioni, prevalentemente di proprietà di immigrati di paesi latino-americani, che già avevano familiarità con queste coltivazioni. La qualità della piccola banana gabbrigiana era ottima ed aveva ottenuto anche la Denominazione di Origine Protetta; qualcuno aveva pensato di chiamarla “gabbana” (da gabbro e banana) e siccome era dolcissima propose “la dolce gabbana”, ma ci furono problemi di copyright con una nota firma dell'industria della moda e fu registrata quindi come “gabbrana”.

Ottimi anche gli ananas locali, coltivati prevalentemente nelle pianure a sud di Livorno, nei terreni delle nobili aziende che un tempo producevano celebri vini. Ora al posto dei poderi a vigneti si vedevano solo le estese piantagioni cespugliose degli ananassi e le fattorie li lavoravano in cento modi: sciroppati, succhi, marmellate, sotto spirito...la cultura dell'ananas aveva sostituito quella della vite e del vino. Dalle parti di Rosignano Solvay ne veniva prodotta anche una qualità di colore rosa: molti si chiedevano se questa singolare variazione non dipendesse dalle scorie residue di un'antica fabbrica chimica, che già avevano sbiancheggiato le vicine spiagge di Vada. Comunque l'Anans Rosè di Rosignano (anch'esso DOP) piaceva molto, soprattutto in nord America e la produzione per l'export andava a gonfie vele.

Acquistò anche un paio di manghi che venivano dalle campagne di Piombino, noti per la loro polpa di un bel colore rosso intenso, anziché gialla (forse anche per loro un effetto della polluzione delle storiche acciaierie!?).

Gino già pregustava una sfiziosa macedonia tropicale, o meglio, tirrenica....

Fece in tempo a fare anche un salto dal corniciaio: doveva in tutti i modi adeguare gli schermi di casa alle nuove normative sulla sicurezza. I corniciai erano quelli che vendevano le protezioni da mettere lungo i bordi di tutte le apparecchiature super sottili che riempivano abitazioni ed uffici. La corsa, sotto molti aspetti inspiegabile, a ridurre sempre di più lo spessore di schermi tv, portatili, cellulari, aveva superato ogni ragionevole limite ed il virtuosismo tecnologico dei produttori aveva sì raggiunto risultati eccezionali, ma aveva anche riempito le nostre tasche e le nostre case di pericolosissimi gadget. Guai se ti scivolava di mano un netbook o uno smartphone: poteva tagliarti di netto falangi ed alluci; tutto doveva essere saldamente fissato a scrivanie, mensole, supporti o contenuto entro protezioni di sicurezza; la gara tecnologica verso l'assottigliamento sfrenato aveva ottenuto un risultato opposto agli obiettivi: nessuno correva più il rischio di portarsi dietro i taglienti portatili e gli ultraleggeri cellulari, diventati lamine implacabili per le dita, dovevano essere protetti con pesanti fodere imbottite.

I traslochi erano diventati un vero rischio per i facchini ed al momento di rimuovere le lastre spesse pochi micron degli schermi tv, magari di 120 pollici, che potevano mandarti all'altro mondo perfettamente separato in due parti uguali, era obbligatorio il PSC, il POS e la presenza del Coordinatore della Sicurezza in Fase Esecutiva, come disposto dai recenti aggiornamenti legislativi in materia di sgomberi.

Fu necessario quindi imporre che ad ogni apparecchio venisse applicata una robusta e spessa protezione lungo il bordo; le botteghe di corniciai si moltiplicarono e prosperarono, offrendo prodotti di ogni stile e materiale.

Gino apprezzava molto quelle all'antica, in termoplastica dorata a motivi floreali di acanto o in pvc finto legno di mogano intarsiato finto avorio o in similpelle di antilope color verde pisello con frange di terital, e pensava a quanto gli algidi materiali moderni ... grafene, titanio, niobio, carbonio... ci avessero invaso e stancato, mentre il passato, con i suoi bei prodotti genuini e naturali (quasi), avesse ancora tanto da offrirci ...