Pensieri, idee, riflessioni, visioni e progetti sulla Livorno del 2060 di un gruppo di architetti e artisti livornesi (e non solo).

giovedì 30 settembre 2010

PROSSIMO INCONTRO

Il prossimo incontro è stato spostato da venerdì 1 a mercoledì 6 ottobre, alle 17.00 alla galleria di via michon. Andrea del Corona porterà un video che vuole condividere con noi e poi ci tratterremo per dibattere e fare nuove proposte, come sempre. Abbiamo anche stampato la grande planimetria di Livorno (dal calambrone a quercinella) così potremo iniziare a scarabocchiare!

lunedì 27 settembre 2010

Gavettoni no!!!

Non chiamiamoli gavettoni!!!
Vabbè è labronico ma fa molto scherzo da spiaggia e da qualche anno è diventato un rito per festeggiare l'ultimo giorno di scuola.
Il termine che ha usato Andrea era quello giusto, la traduzione di "seed bombs" bombe di semi. Diverse città negli stati uniti hanno dei distributori automatici a pagamento, come quelli che dispensano ai bambini biglie o piccoli giocattoli.
In Italia le "bombe di semi" vengono utilizzate dai guerriglieri del verde per le loro azioni.
Le bombettine sono delle piccole palline che contengono un mix di semi, terra e concime, da gettare in qualsiasi terreno fertile per favorire la crescita di nuove piante.
La piccola azione di giardinaggio viene trasformata in un gioco per sensibilizzare dal basso alla riqualificazione ambientale delle città.
I dispenser in commercio sono abbastanza bruttini; L’agenzia losangelina The Common Studio, specializzata nellariqualificazione del verde urbano, ne ha rielaborato il concept progettando un curioso distributore di semi; potrebbe essere divertente provare a disegnarne qualcuno per Livorno.
Magari con dentro i "gavettoni" o le "bombette" con semi di amaranto.
Sono piante molto robuste che raggiungono i 90-100 cm di altezza; hanno foglie ovali o lanceolate e per tutta l'estate produce particolari infiorescenze allungate, pendule, piumose, di colore rosso, arancio o giallo, contenenti numerosissimi piccoli semi scuri.
Per i greci "amarantos" e cioè "che non appassisce" era considerata una pianta sacra ed era la pianta dell'amicizia.
Magari potrebbero utilizzarli anche gli "ultras" allo stadio invece dei petardi!!!

Se digitate su un motore di ricerca "guerrilla gardening" troverete diversi siti sull'argomento; tra questi anche quello italiano. Provate a vedere anche "The Common Studio"

Buon lavoro a tutti, Carmelo

domenica 26 settembre 2010

Al lavoro

Il lavoro di Gino

La calura era veramente opprimente e Gino non aveva molta voglia di uscire, ma aveva ricevuto l'inattesa telefonata dall'amico muratore che stava facendo dei lavori di isolamento in un'antica palazzina in zona Stazione e l'occasione era troppo interessante. Dovevano stendere sulle pareti uno strato di feltro di lana di pecora, uno degli isolanti naturali più economici e diffusi da quando l'industria laniera, a causa dell'aumento della temperatura, era stata convertita ed il prodotto degli estesi allevamenti ovini del continente australe veniva destinato all'edilizia. Durante la spicconatura per rimuovere le precedenti applicazioni di prodotti poliuretanici, ora proibiti, una paretina aveva ceduto ed un sottoscala pieno di vecchi pc era apparso. Lapo, il muratore con cui Gino era in contatto per avere proprio queste informazioni, lo aveva subito chiamato.

Gino era una specie di antiquario, ma quello che lui cercava non erano vecchie suppellettili, dipinti, manoscritti o statue e nemmeno oggetti di modernariato o apparecchiature obsolete in disuso: quello che lui cercava erano i file. Erano questi il bene prezioso.

Nel 2029 una grande epidemia da virus aveva causato la distruzione quasi totale dei dati e degli archivi informatici di intere popolazioni, specialmente nell'Unione Europea, da dove era partita. Fu la più grande infezione informatica di sempre, che cancellò i dati di centinaia di milioni di pc, netbook, portatili, cellulari, in gran parte dislocati dalle nostre parti. Si credette all'inizio ad un attacco terroristico o ad un colpo di stato su scala continentale, invece l'origine del disastro fu un fatto molto più casuale ed apparentemente innocuo.

Dei ragazzini tedeschi della Bassa Sassonia avevano trovato in un armadio abbandonato ai cassonetti un vecchissimo pc e per pura curiosità se lo erano portato a casa per vedere se funzionava ancora. Nel 2029 i sistemi operativi erano completamente diversi da quello installato su quella carcassa, che addirittura montava un windows98 del secolo scorso; i vari windows, osx, android, symbian erano ormai dismessi da tempo ed i software antivirus erano stati tutti completamente riscritti per le nuove piattaforme.

Questo pc ritrovato era purtroppo un vero e proprio serbatoio di antichi virus e file infetti e probabilmente era stato abbandonato proprio per questo. Gli “Oscar” di infettività del tempo c'erano proprio tutti: dal Morris, il primo virus trasmesso in internet nel lontanissimo 1988, al Kournikova, quello che si lanciava cliccando sulla sexy-foto della omonima formosa tennista, o al Melissa, un file word di una frase dei Simpson, che alla sua apertura annientava tutti i file doc (il nome Melissa era stato adottato dall'inventore come gentile omaggio ad una spogliarellista della Florida: evidentemente questi giovani hacker, quasi tutti minorenni, nella loro esuberanza ormonale erano assai sensibili alle procacità femminili) o Iloveyou, un'email con questa intestazione, che una volta aperta – chi poteva resistere ad una esplicita dichiarazione d'amore? - non solo infettava il pc, ma si auto inviava a tutti i contatti della rubrica, propagandosi esponenzialmente.
E poi ancora il nefasto Conficker, sul cui autore all’epoca fu messa una taglia di 250.000 dollari, ed il Netsky ed il Sasser, inventati proprio da un diciasettenne tedesco di quelle parti, che per prima cosa annientavano l’antivirus ed era quindi pressochè impossibile evirarli, se non riformattando.

La totale riscrittura dei sistemi operativi aveva fatto pensare che i codici dei vecchi virus fossero ormai del tutto obsoleti e quindi innocui (si trattava in effetti di roba di 30\40 anni prima); il fatto è che questi programmi infestanti erano stati molto ben progettati (Robert Morris diventò un eminente professore del MIT) e purtroppo funzionarono benissimo nei nuovi ambienti software, come se fossero riusciti a mutare geneticamente, penetrando indisturbati nel sistema, completamente ignorati dalle protezioni antivirali.
I ragazzi ammattirono un po' ad avviare il vetusto pc ed a connetterlo alla rete, ma come ci riuscirono, la micidiale miscela di appestatori entrò in azione repentinamente, devastando in poche ore centinaia di milioni di apparecchi. Già nel '29, come adesso, tutto era collegato con tutto: il mondo era una grande rete che interconnetteva pc con cellulari, tablet con stampanti, tv con hard disk, navigatori con modem... via cavo, wireless, dai satelliti, con le fibre ottiche ….non c'erano limiti alla connettività e la diffusione del morbo fu capillare. Naturalmente i grandi sistemi, quelli degli apparati militari, degli uffici governativi, delle banche, delle grandi catene commerciali, avevano retto bene, mentre erano stati inesorabilmente colpiti ed annientati i sistemi delle piccole amministrazioni, degli uffici, degli artigiani, degli studi professionali e soprattutto quelli delle famiglie. E' qui che il danno era stato totale: nessuno aveva più una foto, un filmato, una voce registrata di figli, amici, parenti ... il ricordo di una festina di compleanno, di una gita scolastica, di una vacanza alle Maldive... Erano sparite anche lettere, documenti, archivi, rubriche, file musicali... tutto.

Il fatto grave è che dopo la proclamazione dei dieci Grandi Obiettivi per il Risparmio Energetico, la stampa era andata scomparendo: si usava solo il formato digitale. Libri, giornali, documenti, fotografie, certificati, cartelle cliniche, progetti, esistevano solo come file. In Italia aveva ceduto anche l'ultimo baluardo: la IA (Intenzione di Attività: bastava il solo ipotizzare un intervento edilizio per dover preventivamente depositare in Comune un numero spropositato di dichiarazioni) dal 2027 si inviava per email.
In effetti l'eliminazione della stampa cartacea fermava la produzione di cellulosa e quindi l'abbattimento di piante, eliminava le fabbriche dei prodotti chimici per gli inchiostri, annullava il movimento quotidiano dei mezzi per la distribuzione dei giornali…. i vantaggi per l'ambiente erano notevoli.
Di contro nessuno aveva più in casa un libro, una foto, un album, (se non quelli antecedenti al GORE) e tutto si guardava a video; nelle case erano rimaste solo poche foto ingiallite e vecchi libri consunti; in più, per avere sempre tutto appresso sui device portatili, ogni cosa era stata scansionata e gli originali erano stati distrutti o smarriti.

I virus ci portarono via gli unici ricordi che avevamo di decenni di affetti, passioni, sogni....

Gino era dunque un antiquario che rovistava tra soffitte e cantine alla ricerca di vecchi mobili che contenessero un floppy, una microcard, una pennina con i dati ancora integri, o in mezzo a edifici abbandonati dove ancora si poteva nascondere un Acer o un Dell con il suo hard disk miracolosamente scampato. Aveva la sua rete di informatori, che lui pagava bene e lo avvisavano in anteprima di qualche ritrovamento interessante, come nel caso della parete demolita dal muratore Lapo.
Ora fremeva dal desiderio di mettere le mani su quella scoperta; il giorno prima aveva promesso ad Ilio, suo fratello, che sarebbe passato a dargli una mano in questi giorni in cui lui era sommerso dal lavoro, ma la grande novità lo costringeva ad annullare tutto. Avrebbe solo accompagnato a scuola i nipotini; Gino non aveva figli ed era molto affezionato ai bambini di Ilio, Googla e Nokio (i nomi ispirati alla tecnologia erano ormai di uso comune) e non perdeva occasione per stare un po' con loro.

Ilio era veramente occupatissimo: erano appena usciti i manuali del nuovo smartphone dell'HTC, dalla configurazione assai complessa e per gli Esempi c'era molto da fare. L'agenzia di Ilio, dopo una severissima selezione, era stata ingaggiata dall'HTC per gli Esempi italiani e questa nuova linea di prodotti stava mettendo Ilio sotto pressione.

Dalla fine degli anni 30 ogni produttore di qualsiasi dispositivo che necessitava di esemplificazioni per il suo settaggio o funzionamento aveva organizzato una rete capillare di “Personificatori degli Esempi “– detti più comunemente “Esempi” – a disposizione 24 ore su 24 degli utenti.
Indagini di mercato ed alcune clamorose sentenze avevano indotto le società di hi tech a creare il loro servizio degli Esempi. Ci si era accorti che se nel manuale di istruzioni per configurare rubriche, client di posta, agende, database, etc, si rappresentava una schermata esemplificativa con nomi e dati fittizi – il tipico sig. Rossi in Italia o monsieur Dupont per i francesi – un numero insospettabilmente elevato di utenti provava davvero a telefonare o a mandare un'email a quei finti recapiti, senza poi, ovviamente, ricevere alcuna risposta.
Queste mancate risposte a così tanti clienti, producevano un malcontento e quindi un'immagine negativa delle società produttrici e addirittura c'era anche chi aveva fatto causa alla Nokia o alla Apple. Con sgomento degli industriali un giudice americano aveva sentenziato che la grave forma depressiva in cui era sprofondata una signora settantenne, perché nessuno le rispondeva mai dal numero di cellulare messo nell'esempio delle istruzioni del suo nuovo iPhone11, andava risarcita con una cifra astronomica. La signora aveva potuto dimostrare che chiamava quel numero in assoluta buonafede ed aveva passato giorni e notti intere accanto al suo apparecchio in attesa di una risposta mai arrivata da Miss Jane Appleseed, che oltretutto abitava in Texas come lei, come chiaramente riportato nella rubrica (esemplificativa).

A tutti coloro che utilizzavano i dati degli esempi per fare una chiamata o mandare un'email, Ilio rispondeva prontamente che la configurazione era stata fatta bene e che lui, il sig. Rossi in persona, era sempre a disposizione.

Gino stava già fantasticando. Chissà che cosa avrebbe trovato in quel ripostiglio: le foto ed i filmati familiari erano comprensibilmente la cosa più ricercata, ma anche le amene immagini di scorci di boschi e prati ormai essiccati dalla grande calura, un outlook pieno di vecchie email d'amore, una cartella con antichi dwg di progetti mai realizzati a seguito della distruzione pestifera dei disegni, avevano il loro valore.
Tutti i documenti indirizzati ad uffici, enti, etc, per legge dovevano essere consegnati all'Ufficio per la Ricostruzione degli Archivi, ma per tutto il resto era ammesso il libero mercato. Una volta ritrovati dei dati ancora integri era facile risalire ai soggetti interessati, che erano ben contenti di pagare una lauta ricompensa pur di recuperare qualcosa della memoria familiare perduta.
In quei momenti Gino avrebbe potuto farsi dare qualunque cifra, ma lui non era mosso dall'avidità: era felice mentre in silenzio osservava due nonni incanutiti a cui riapparivano i volti seriosi dei nipotini, ora adulti, il giorno della prima comunione a Sant’Jacopo….il pingue avvocato che fieramente si ammirava, giovane e snello, nel videoclip di una gagliarda partita di calcetto ingegneri-avvocati giocata alla Cigna in una lontana serata di primavera.…l'attempato vecchietto mentre riascoltava l'amata playlist che l'accompagnava quando, intemerato jogger, agli inizi del secolo faceva Nautico – Miramare e ritorno tutto di un fiato (ignaro dei gravi rischi cardiaci) …. la coppia di maturi coniugi che grazie a Gino aveva recuperato l'iNozze (un iPad caricato con le foto dello sposalizio, un regalo agli sposi molto in voga decenni addietro) con le immagini dei perigliosi baci scattate il lieto giorno sulle più impervie scogliere di Calafuria …..niente lo gratificava quanto il lampo di commossa gratitudine che vedeva nei loro occhi.

venerdì 24 settembre 2010

riflessioni

riflessioni...
copenaghen estate 2010...in una giornata qualunque in una piazza del centro è installata una gigantesca "stanza" gonfiabile tutta bianca,morbida,eterea.Uomini e donne sono in coda per entrare dentro questo grembo materno.Cos'è? è un'area relax all'incrocio delle vie dello shopping.Vedo entrare le persone,alcune giovani altre meno,alcune con le borse da lavoro altre con le buste dei negozi.
Li vedo sdraiarsi in circolo l'uno accanto alcuni per mano,con gli occhi chiusi o ammirando il cielo.Una visione surreale-una bolla d'aria nel caos.E siamo a copenaghen la città più ecologica d'europa...
Al ritorno mi capita di leggere un articolo su di un progetto per la realizzazione di una serie di edifici polifunzionali dove ci saranno aree intere dedicate al rilassamento,yoga,meditazione ,bla bla bla.Dove? sempre lì a copenaghen (va a finire che i danesi sono i più stressati..)
Quando mercoledi riflettevamo proprio sugli spazi pensati da erica mi è venuto subito in mente ciò che verrà realizzato in danimarca nel giro di 10 anni.
verde
la necessità psicologica e fisica di verde è certamente comune a tutti noi,forse perchè verde=spazio=libertà.Oramai dei lussi oggigiorno mi sembra.
Arrivo al punto sono stata già abbastanza logorroica.
Mi piacerebbe lavorare sull'idea di istantanea nel senso proprio dello scatto "vecchia" polaroid per intenderci.Mi immagino il primo scatto riferito al 2010 con un'immagine in b/n di una situazione di degrado emblematica di livorno con un bambino di spalle che guarda.Il bambino potrebbe essere l'unica nota di colore -tipo bimba col cappotto rosso in schindler list....
il secondo scatto riferito al 2060 è la stessa inquadratura ma "corretta" dal sogno (progetto) che abbiamo per quel luogo-come vorremmo che fosse appunto-e questa volta vedo al posto del bambino un uomo/donna con un bambino per mano che guardano davanti a loro.probabilmente è tutto a colori....probabilmente l'uomo o la donna il bambino di 50 anni prima...
magari potrebbe anche stare guardando proprio l'effetto della pioggia verde (=gavettoni) in un determinato punto della città...
senso della crescita,del tempo che passa,dei sogni che non devono mai morire.
sarà che sono algiro di boa degli anta?sarà che sono cresciuta a pane e marmellata e walt disney?
Con questo amletico interrogativo chiudo!

Anzichè "bombe" chiamiamoli "gavettoni"!

Stamani ho incontrato Luca (di fonzo) in strada e abbiamo scherzato sull'idea di lanciare semi ovunque. Mi sembra che l'idea di Andrea sia piaciuta un pò a tutti anche se a qualcuno la parola "bomba" sembrava un pò forte. Allora ho detto "chiamiamoli gavettoni verdi!". A Luca l'idea è piaciuta molto, il termine è più soft, più ironico e soprattutto più LIVORNESE!! Cosa ne dite?
Lucia

Cerchiamo il giovane Gino oggi

Livorno è la nostra città, qualcuno di noi (del gruppo “livorno 2060”) ci vive da generazioni, qualcuno si è fatto “adottare”. Siamo tutti consapevoli di pregi e difetti di questa città ma dalle proposte sin ora fatte emerge una voglia di evidenziare gli aspetti positivi pur partendo da carenze o situazioni di degrado, di trasformare luoghi “brutti” in luoghi “belli”, di esaltare le potenzialità che questa città ha. Livorno è il nostro punto di partenza, il luogo del nostro progetto, lo scenario per una proposta che andrà oltre, che parlerà della città e del futuro in generale. Abbiamo affrontato argomenti di vario genere (nell'ultimo incontro si è parlato anche di “bombe verdi”!) abbiamo coinvolto un notevole numero di persone, con tante cose interessanti da dire e anche se questo è uno degli aspetti più stimolanti di questa esperienza serve qualcuno (come alessandra) che ci riporti alla necessità di trasformare i pensieri in “progetti”. Una cosa che ho notato è che tutti noi auspichiamo un ritorno alla “lentezza”, una lentezza intesa in senso ampio, lontano dai ritmi sempre più frenetici, dove computers, telefonini, internet, automobili (e motorini), non sono visti troppo positivamente. Sappiamo che il progresso tecnologico non potrà arrestarsi e ne riconosciamo alcuni vantaggi, ma il desiderio è di tenerlo sotto controllo. Le zone atemporali , il muoversi a piedi o in bici, i “limiti verdi” , la città “ricompattata”, l'ascoltare suoni e rumori ed il ri-appropriarsi dei propri spazi (fisici e temporali) sono tutte proposte che nascono dalla stessa esigenza. Anche io sono d'accordo ma una cosa che vorrei fare è capire come la pensa chi ci sarà sicuramente anche nel 2060. Vorrei parlare con Gino oggi, quel gino che tra 50 anni si pentirà di non essere stato ad ascoltare i nostri discorsi. Vorrei sapere come immaginano il futuro (e livorno) i ragazzi di 15-20 anni e se anche loro sentono le nostre stesse esigenze. Non so bene come coinvolgere o semplicemente “interpellare” i giovani di quella fascia di età ... parliamone, come sempre da uno spunto ne verranno fuori altri. Ci vediamo venerdì 1 ottobre.
Lucia

giovedì 23 settembre 2010

PROSSIMO RITROVO VENERDI 1 OTTOBRE

Ieri ci siamo ritrovati, la prima volta dopo l'estate...sono intervenute nuove persone, sono uscite nuove idee accanto ad altre già discusse...Andrea con le "bombe verdi" da lanciare nelle zone demaniali, Enrico e la sua città senza macchine e Fabrizio con gli oneri "verdi" da pagare....Erika con il ridisegno di scorci di città degradati, Nicoletta e la sua città a misura di bambino...insomma tante cose da discutere ma anche delle azioni dimostrative da mettere in atto...il gruppo si muove e, dalla prossima volta, inizierà anche a materializzare qualcosa....in preparazione una cartina gigante della città attuale su cui scarabocchiare, disegnare, esprimersi....il sentore degli artisti che diventano architetti e viceversa, la necessità dei primi di concretizzare e degli altri di idealizzare...tante energie che si muovono e sprigionano idee, quindi "aria" necessaria per la trasformazione futura della città....tutti pronti per il prossimo incontro previsto per VENERDI 1 OTTOBRE...
p.s....ma Gino era ieri con noi o no??!!....chissà....

mercoledì 15 settembre 2010

ZONE A-TEMPORALI - CANALI e FLUSSI e sopratutto GINO

presto....riniziamo!!!
gli ultimi 2 post sono dei lampi sulla città, dove sociologia e urbanità si mescolano creando scenari , visioni che smuovono l'io di tutti

e allora LO SCENARIO (per noi architetti è lo strumento!!!)

pensavo che la città è fatta di

PUNTI = AGGREGATI = ZONE A-TEMPORALI (troppo interessante , complementi ad erica)
e
LINEE = FLUSSI = CANALI (la mobilità come nuovo stile di vita)

prendiamo Livorno e creiamo degli scenari dove GINO va ad ABITARE TEMPORANEAMENTE (zone a temporali) e dove gino si MUOVE E INTERAGISCE (canali e flussi)

nei punti e nelle linee , quindi in ogni scenario ogni ARTISTA, o persona può inserire le sue opere che GINO "usa" o meglio di cui GINO ne gode la bellezza e l'utilità

c'è una TRACCIA dove tutti ci si può emozionare e comunicare

complimenti anche a Gino

apresto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

lunedì 13 settembre 2010

Per il gruppo(ne) di LIVORNO 2060...la pausa estiva è ormai giunta a conclusione, nostro malgrado! Diciamoci tra tutti come proseguire con il nostro progetto.....Stiamo allestendo lo studio per la mostra di ottobre sull'eco-design (vi faremo sapere, non preoccupatevi!), questo per dire che non abbiamo più spazio per i nostri incontri (almeno per ora).
Decidiamo dove, come e quando....però alla svelta, 50anni passano in fretta!!!
Marco

domenica 12 settembre 2010

La sveglia

La sveglia di Gino

Subito dopo la suoneria polifonica la voce artificiale cominciò a snocciolare il solito bollettino: temperatura, raggi UV, tasso di inquinamento, percentuale di umidità …. Questi dati venivano trasmessi dalle stazioni meteo di quartiere a tutte le centraline che, per legge, ogni casa ed ogni abitazione doveva avere. Le centraline regolavano tutti gli apparecchi e gli impianti, sia condominiali che delle singole case in base alle informazioni ricevute (ad esempio l’impianto di condizionamento - di solito serpentine a pavimento con fluidi refrigerati da pompe geotermiche condominiali - in ogni unità veniva continuamente regolato in base alle variazione dei gradi centigradi, della ventilazione, dell’inclinazione dei raggi solari e cosi via).

Anche se Gino non aveva una gran voglia di stare a sentire tutti questi numeri di prima mattinata, sapeva che queste notizie erano fondamentali; con la temperatura che ormai nelle giornate critiche arrivava a toccare picchi fino a 50 gradi e l’indice delle radiazioni UV che qualche volta segnava 5 o addirittura 6, poteva essere pericoloso uscire di casa senza un quadro esatto della situazione.

Purtroppo molti anziani, poco propensi a seguire con attenzione i bollettini, uscivano comunque, con effetti poi devastanti per la loro salute. I più cominciavano a delirare e dovevano essere ricoverati; agli infermieri raccontavano di avere avuto visioni o addirittura parlato con santi e madonne. Tantissime le apparizioni del beato Silvio da Arcore. Costui era un potente politico dei primi anni del secolo; alla sua morte si formò un vasto ed agguerrito movimento per santificarlo, ma nonostante l’influenza dei dirigenti del comitato, durante il procedimento di canonizzazione ci furono notevoli problemi con il Vaticano a causa degli aspetti della povertà e della castità del candidato, requisiti fondamentali per ottenere la qualifica di santo ma piuttosto manchevoli nell’arcorano, e così ci si fermò alla beatificazione.

Il beato Silvio da Arcore era comunque molto venerato dal popolo, che di solito si rivolgeva a lui per ottenere grazie od intercessioni quando c’erano guai economici, questioni sentimentali o, addirittura, disfunzioni sessuali, curiosamente proprio per gli argomenti che avevano impedito che diventasse un vero santo.

Dopo aver aperto con il telecomando i pannelli oscuranti, Gino dette un’occhiata fuori. Abitava ancora in un appartamento in Piazza Magenta, nella casa che era stata dei suoi e dove era cresciuto. Era un fabbricato molto vecchio, degli inizi del secolo precedente, ma era stato più volte ristrutturato nel corso dei decenni e, con le ultime sovvenzioni, anche questo edificio era stato in pratica trasformato in una piccola centrale di produzione di energia elettrica. L’innalzamento della temperatura e la carenza di energia erano ormai problemi devastanti ed i fondi per qualsiasi intervento che aiutasse a risolverli venivano elargiti con generosità da Enti ed Istituzioni.

Il tetto era una distesa continua di pannelli fotovoltaici, cosi come i pannelli oscuranti che avevano sostituito le persiane; questi erano dei pannelli scorrevoli che all’esterno, pur avendo tutti i requisiti tecnologici per assorbire l’energia solare erano serigrafati con il disegno delle vecchie persiane in legno; lo stessa cosa per quelli sul tetto: venivano impressi con disegni di tegole toscane, portoghesi, marsigliesi, anche invecchiate, se uno voleva.

Gli intonaci delle facciate erano impastati con micro celle fotovoltaiche in modo che anche i fronti contribuissero alla trasformazione dell’energia solare in elettricità. Le costruzioni riuscivano così ad essere energeticamente autonome, poiché quello che producevano era sufficiente per alimentare sia le pompe geotermiche per la refrigerazione, sia gli impianti di illuminazioni e le apparecchiature, tutte a bassissimo consumo, delle singole abitazioni.

In tutte le zone di pianura della Toscana dal 2040 ormai non era più necessario scaldare le abitazioni d’inverno: le temperature minime non scendevano mai sotto i 16\18 gradi ed all’interno delle case ben isolate non c’era mai meno di 20\22 gradi.

Gino osservò come la piazza fosse già affollata di badanti che portavano i loro assistiti a prendere una boccata di fresco: dovevano approfittare del mattino presto, poi l’aria sarebbe diventata soffocante. Ora le badanti erano quasi tutte italiane, smunte signore intorno ai 45\50 anni, di solito con due o tre lauree, che dopo innumerevoli master, tirocini, concorsi, praticantati, erano ancora senza un impiego ed occupavano il tempo, finalmente guadagnando qualcosa, dedicandosi all’assistenza degli anziani della classe agiata che si erano ritirati dal lavoro ed avevano deciso di restare qui in Italia: impresari edili albanesi, commercianti cinesi, idraulici romeni. I padri e le madri di questi anziani sicuramente avevano accudito i genitori delle loro badanti: ora il conto veniva pareggiato.

Fino agli anni 30\40 queste categorie di persone, dopo aver fatto i soldi, tornavano al loro paese. Poi era iniziata una tendenza opposta, quasi tutti ora restavano e, specialmente i cinesi, spesso convincevano anche i loro parenti ed amici a venire a trascorre la vecchiaia dalle nostre parti. Del resto anche se da noi la temperatura era salita molto, l’aria era comunque meno inquinata che altrove: il declino industriale di gran parte dell’Europa aveva avuto almeno qualche effetto positivo; il cielo era abbastanza terso, le acque dei fiumi e del mare un po’ più pulite. All’est, specialmente in estremo oriente, invece era un vero inferno: tutto grigio, afoso, fumoso, lattiginoso ... un disastro!

I ricchi orientali (ed erano tanti) avevano acquistato tutte le dimore più belle. Il Comune, appunto per sovvenzionare gli interventi di edilizia bioclimatica, aveva dovuto vendere alcune proprietà e la Villa Fabbricotti ora apparteneva ad un indiano, un costruttore di biciclette, che ne aveva prodotte circa 6 miliardi (la popolazione dell’India era alquanto aumentata e raddoppiava ogni 20 anni). Passato di qui come turista, Livorno gli era piaciuta subito, specialmente la spiaggia in località “ tre ponti”, che gli ricordava tanto i lavacri lungo il sacro fiume del suo paese.

Un cinese aveva comprato Castel Sonnino. Questo tizio, venuto a Livorno negli anni 10 per motivi di lavoro, aveva per caso assaggiato la torta di ceci di Cecco ed era rimasto estasiato dalla bontà di questa sottile farinata cotta in forno, servita su un foglio di carta gialla. Appena tornato in Cina impiantò in Manciuria, dove esistevano già estese coltivazioni di ceci, una grande fabbrica di torte di ceci surgelate, che divennero immediatamente uno dei cibi prediletti dai suoi connazionali. Era già tutto precotto e confezionato (c’era anche la carta gialla, in effetti una pellicola di polietilene dello stesso colore), bastavano trenta secondi di microonde e un po’ di pepe per avere una “cecina” - la chiamarono subito così perché sembrava proprio una parola cinese - pari a quella di Cecco. Con i primi guadagni il tizio si comprò Castel Sonnino per avere una degna dimora nella città che aveva ispirato la sua fortuna.

Gino aveva voglia di un caffè ed accese la macchina espresso; gli bastava guardarla per più di tre secondi in un determinato punto: una microcamera inquadrava la sua pupilla e la macchina si accendeva; se poi spostava lo sguardo poteva decidere cosa prendere; ad ogni piccolo spostamento orizzontale corrispondevano, di seguito, caffè, cappuccino, macchiato; se guardava verso il basso poteva decidere - sempre con i movimenti della pupilla ormai inesorabilmente inquadrata nel chip della Faema - se più o meno ristretto, verso l’alto invece più o meno dolce… non era facilissimo, specialmente la mattina nel sonno. Gino rimpiangeva spesso la vecchia moka. L’aveva conservata per tanto tempo, ormai un vero pezzo di antiquariato, poi un giorno, chissà perché, l’aveva venduta ad un’asta on line per pochi eurasi.

Erano i primi tempi dell’eurasio e non si era nemmeno reso conto di quanto poco avesse ricavato da quella vendita con il nuovo cambio. Era stato molto complesso nel ‘55 riuscire a determinare le parità della nuova valuta con tutte quelle strane monete orientali e le trattative erano state lunghe e complesse. Ma era un passaggio necessario: col tempo l’Unione Europea, a forza di annettere stati ad est era in effetti diventata una comunità Euroasiatica e la moneta da “Euro” fu denominata “Eurasio”. Volevano cambiare anche il nome all’Unione, ma grazie all’orgoglio ed all’assoluta inflessibilità dei francesi, fu mantenuto il nome di Unione Europea, anche se paradossalmente gli asiatici, tra immigrati ed abitanti dei nuovi stati, rappresentavano più del 60% della sua popolazione.

Mentre sorseggiava il caffè Gino, che continuava a guardare fuori, soffermò lo sguardo sulla saracinesca chiusa di un fondo in via Poggianti. Era stato uno studio di architettura, ma i tre soci facevano un po’ di tutto: progetti, mostre, convegni, aperitivi ed era rimasto attivo fino a qualche anno prima, quando i titolari avevano deciso di andare in pensione. I nuovi decreti avevano fissato l’età per il pensionamento in 79 anni, 11 mesi e 30 giorni; nessuno aveva avuto il coraggio di superare la barriera psicologica degli 80 anni e così avevano fatto come con le cose che invece di costare 100 costano 99,99 eurasi. I tre architetti avevano approfittato di questa nuova possibilità, temendo che prima o poi avrebbero portato il pensionamento ben oltre gli 80 anni ed avevano chiuso l’attività.

Gino si ricordò con tenerezza e nostalgia di quel pomeriggio quando, ancora adolescente - doveva essere il 2009 o il 2010 - si affacciò in quel locale; aveva visto da fuori una gran quantità di copertoni e pensò che stessero per aprire un’officina meccanica o un gommista: avrebbe fatto proprio comodo, così vicino a casa. Ma appena aperta la porta si rese conto che si era sbagliato di grosso; c’era un gruppo di tipi che parlava del futuro, addirittura del futuro di 50 anni dopo. Figuriamoci se lui aveva voglia di stare a sentire i problemi del futuro! Aveva già abbastanza grattacapi nel presente: il motorino sempre a secco e mai un euro in tasca…. la bimba che gli piaceva che non rispondeva mai ai suoi messaggini …. il dubbio se tatuarsi “Giessika for ever” o “BAL for ever” (passioni che difficilmente sarebbero state “for ever”) …. Ora, guardando il grafico della temperatura che si avvicinava pericolosamente ai 48°, pensava che forse quel lontano giorno avrebbe fatto meglio a rimanere un po’ ad ascoltare …....